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Emilia Romagna: ricette ricetta gastronomia cucina emiliana
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VACANZE IN EMILIA ROMAGNA
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Le vacanze emiliane
Introduzione
Emilia-Romagna Regione amministrativa dell’Italia settentrionale; si affaccia a est sul mare Adriatico e confina a ovest con il Piemonte e la Liguria, a nord con la Lombardia e con il Veneto, a sud con la Toscana, le Marche e la Repubblica di San Marino. È ripartita nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini; il capoluogo regionale è Bologna. La doppia denominazione di Emilia-Romagna evidenzia l’esistenza di due entità territoriali distinte che gli eventi storici hanno separato per secoli; tuttavia – a differenza delle altre regioni italiane con doppia denominazione, cioè il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia – la regione ha caratteristiche unitarie.
L’Emilia deriva il suo nome dall’antica strada romana, la via Emilia appunto, realizzata nel II secolo a.C. dal console Marco Emilio Lepido, che collegava e collega tuttora Rimini (l’antica Ariminum) a Piacenza (Placentia), cioè l’Adriatico con la Pianura Padana; essa mette inoltre in comunicazione Forlì, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma, complessivamente ben sette degli odierni nove capoluoghi di provincia, e sin dall’antichità è sempre stata una delle più importanti arterie stradali d’Italia. Anche la sezione regionale affacciata sull’Adriatico, cioè la Romagna (che comprende le province di Ravenna e Rimini), deriva il suo nome dall’epoca romana.
L’Emilia-Romagna si estende per 22.123 km² e conta una popolazione di 4.223.264 abitanti (2007); è tra le più vaste regioni d’Italia, ma ha una densità di popolazione (188 abitanti per km²) leggermente inferiore alla media nazionale, che è di 198. I confini fisici della regione sono ben delineati: a sud sono rappresentati dai rilievi dell’Appennino tosco-emiliano e da una sezione di quello ligure, a est dal mare Adriatico, a nord in larga parte dal corso medio e inferiore del fiume Po.
Territorio
Paragonabile a un vasto triangolo compreso tra Appennini, Po e mare Adriatico, l’Emilia-Romagna ha una struttura morfologica piuttosto semplice. Tratto caratteristico della morfologia regionale è il trapasso da una zona altimetrica all’altra, che raramente assume aspri contrasti: il paesaggio ha quasi ovunque forme morbide e dolci. Il 48% del territorio è occupato da una vasta sezione della Pianura Padana; la restante superficie comprende, in parti quasi eguali, una fascia montuosa e una collinare.
All’estremità occidentale la regione include un breve settore dell’Appennino ligure, incuneato, con alcuni massicci che superano i 1.700 metri di quota (monti Lesima, Penna, Maggiorasca), tra Lombardia, Piemonte e Liguria; esso termina per convenzione al passo della Cisa (1.041 m), attivissima via di comunicazione percorsa dalla strada e dall’autostrada Parma-La Spezia. Appartiene invece alla regione quasi tutto il versante settentrionale dell’Appennino tosco-emiliano. Questa sezione appenninica non presenta una linea continua di crinale, ma è costituita da tronconi di varie catene, ciascuna delle quali per breve tratto forma lo spartiacque tra i fiumi che scendono all’Adriatico e quelli che sfociano nel mar Tirreno, separate da valli poco profonde, secondo la cosiddetta disposizione “a quinte”. Ha cime non aspre e che solo in alcuni casi superano i 2.000 metri; la massima elevazione è rappresentata dal monte Cimone (2.165 m). Sono caratteristiche di questo tratto dell’Appennino le molte dorsali che si diramano dalla principale linea di cresta, determinando una tipica morfologia a pettine; alle dorsali montuose fa seguito una fascia di modeste alture collinari (Subappennino).
Le forme del rilievo sono determinate soprattutto dalla natura delle rocce, che alternano formazioni tenere e quindi facilmente soggette all’erosione ad altre molto compatte e resistenti; vi è comunque una diffusa presenza di terreni argillosi friabili, che costituiscono il fattore determinante la morbidezza delle forme, ma che sono facile preda dell’attività erosiva, soprattutto da parte delle acque di scorrimento. Si formano in questo modo i cosiddetti calanchi, piccoli solchi fittamente e minutamente ramificati e soggetti a erosione accelerata. Frequenti sono perciò le frane, sia nell’Appennino sia nel Subappennino.
I valichi transappenninici annoverano, oltre al citato passo della Cisa, tra Emilia, Toscana e Liguria, quelli non meno importanti che raccordano la regione con la Toscana, tra cui i passi della Porretta (932 m), percorso appunto dalla Porrettana, cioè la rotabile Bologna-Pistoia, quello dell’Abetone (1.388 m) e quello della Futa (903 m), percorso dalla statale Bologna-Firenze.
La pianura, che procedendo da ovest verso est si allarga progressivamente, digrada dolcemente verso l’Adriatico, senza presentare quella discriminazione, piuttosto netta sul lato alpino della Pianura Padana, tra alta pianura, ciottolosa e piuttosto arida, e bassa pianura, ben irrigata e assai fertile. La pianura emiliano-romagnola, formata dai depositi lasciati dai molteplici fiumi che scendono dall’Appennino, è infatti quasi ovunque fertile, eccettuata la sezione settentrionale della fascia costiera, dove i terreni sono salmastri e paludosi.
Il litorale adriatico, tipicamente basso e non adatto ai porti, presenta due zone ben diverse. A nord, tra il tratto emiliano del delta del Po (in provincia di Ferrara) e la foce del fiume Reno, si susseguono una serie di aree depresse, con lagune, isolotti fangosi e terreni paludosi: è una zona instabile, soggetta alternativamente alle alluvioni fluviali e alle ingressioni del mare. La più vasta depressione corrisponde alle cosiddette Valli di Comacchio (il nome “valle” deriva dall’argine, vallum in latino, eretto a difesa dei terreni); già all’inizio del XX secolo si estendeva per circa 500 km², quasi un quinto del territorio della provincia di Ferrara, ma è stata poi quasi interamente prosciugata e bonificata per renderla adatta all’agricoltura, ormai fiorente. Dalla foce del Reno sino al confine con le Marche il litorale è uniforme e sabbioso; la pianura retrostante ha terreni compatti e fertili.
Il Reno (211 km di lunghezza, 4.626 km² di bacino idrografico) è il più lungo fiume dell’Emilia-Romagna, nonché l’unico rilevante corso d’acqua che non sia un affluente del Po; ha le sue sorgenti nel monte Cimone e sfocia nell’Adriatico subito a sud delle Valli di Comacchio. Il Po, che segna il confine con la Lombardia eccetto che in corrispondenza della provincia di Mantova (Oltrepò Mantovano), riceve tutti i corsi d’acqua emiliani a nord del Reno. I principali sono il Taro (125 km), che nasce dal monte Penna, nell’Appennino ligure, il Secchia (172 km) e il Panaro (148 km), che nascono entrambi nell’Appennino tosco-emiliano. Caratteristica comune a tutti i corsi d’acqua della regione, alimentati solo dalle precipitazioni, è il regime molto incostante, con piene primaverili e autunnali, e magre estive.
Clima ed Ambiente
Il clima è di tipo semicontinentale in quasi tutta la regione, con una predominanza di estati calde e inverni rigidi. Da un lato le montagne non sono così alte da incidere in modo sostanziale sugli andamenti meteorologici, dall’altro l’influsso mitigatore del mar Adriatico non è così marcato come lungo le coste più meridionali del Mediterraneo. La temperatura media annua a Bologna è di 14 °C, passando da una media invernale di 2 °C a una media estiva di 25 °C (è una variazione termica annua notevole, che ben sottolinea la continentalità del capoluogo emiliano). Sulla costa i valori cambiano in media di circa 2-3 °C: gli inverni sono quindi freschi e le estati meno calde, e non si registrano gli eccessi delle zone interne. La media della piovosità per la regione è sui 750 mm annui; le precipitazioni più copiose (sui 1.500 mm) cadono sui rilievi, mentre le aree più asciutte (sui 600 mm) sono il delta del Po e le Valli di Comacchio. I minimi delle precipitazioni si hanno d’estate, i massimi si verificano in autunno e in primavera; gli inverni sono relativamente nevosi. Infine, nel tardo autunno e in inverno, a nord della linea Bologna-Ravenna si possono formare nebbie anche molto fitte.
L’Emilia-Romagna presenta vari problemi ambientali e la protezione della natura è ancora limitata a poche zone. Tra queste si ricordano il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano (condiviso con la Toscana), il Parco regionale del Delta del Po (condiviso con il Veneto), il Parco delle Foreste casentinesi (condiviso con la Toscana) e il Bosco della Mésola, tra il Po di Goro e il Po di Volano. Nella zona appenninica la già ricordata diffusa presenza di rocce tenere e poco resistenti, come le argille, fa sì che la regione abbia la più alta percentuale di frane di tutta l’Italia settentrionale e centrale (più di dieci aree soggette a frane ogni 100 km², il doppio della media nazionale); solo la Basilicata e il Molise registrano valori più elevati. Nella zona di pianura e in quella costiera i maggiori danni all’ambiente derivano invece dall’inquinamento delle acque. Scarichi della lavorazione delle industrie, fertilizzanti, diserbanti, antiparassitari, liquami provenienti dagli allevamenti del bestiame penetrano nei terreni, sono immessi nel Po o riversati direttamente nell’Adriatico.
Il corso del Po è quasi tutto inquinato, ma uno dei tratti di massimo inquinamento è proprio quello emiliano, nei pressi di Ferrara. Alla fine degli anni Ottanta si sono avuti, nel tratto dell’Adriatico antistante la costa emiliano-romagnola, fenomeni molto gravi di eccessiva proliferazione delle alghe e di altre specie vegetali, la cosiddetta “eutrofizzazione” (letteralmente, supernutrizione). Essa impedisce la normale ossigenazione delle acque marine, determinando la morte dei pesci; inoltre deturpa l’ambiente naturale, arrecando forti disagi al turismo balneare, la cui capitale italiana è proprio Rimini.
Flora e Fauna
La vegetazione originaria è quasi ovunque scomparsa. Dei boschi di pianura sopravvive solo quello già ricordato della Mésola, formazione litoranea di lecci e pini. Sui rilievi prevalgono i castagneti, ma si tratta in genere di boschi molto degradati, inframmezzati da sterpaglie e arbusteti. A sud di Ravenna, in particolar modo attorno a Cervia, si hanno belle pinete, per gran parte dovute a impianto; sempre opera dell’uomo sono i boschi di conifere di Séstola (in provincia di Modena) e di altre località turistiche dell’Appennino.
Anche la fauna originaria è scomparsa quasi ovunque; la pianura è ormai pressoché solo destinata all’allevamento (si ricordano i rari esemplari di cervi che popolano il bosco della Mésola), mentre la montagna è priva di aree protette, che in altre regioni appenniniche (l’Abruzzo, ad esempio) hanno consentito la sopravvivenza di specie caratteristiche. Anche se ridotte a circa 13.000 ettari, le Valli di Comacchio restano l’unica zona naturalistica di interesse. Vi crescono canneti e specie vegetali resistenti all’acqua e alla salsedine, dove trovano un habitat particolarmente favorevole l’anguilla, il cefalo e altri pesci, e soprattutto gli uccelli acquatici, come il germano, la folaga, la rondine di mare.
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