INTRODUZIONE CUCINA SARDA
La cucina sarda è figlia del territorio in cui risiedono le sue origini. Così come il territorio, la cucina sarda risulta essere schietta, semplice ma forte nei sapori.
Le caratteristiche morfologiche dell'isola ed il clima favoriscono lo svilupparsi di una cucina dai sapori decisi e di ingredienti al massimo della genuinità.
La Sardegna è riuscita, nel corso dei secoli, a mantenere delle proprie caratteristiche agro-alimetari ben definite grazie anche al suo essere “isolata” geograficamente.
La tradizione pastorale, forte in questa regione, ha dato origine ad una varietà sorprendente di prodotti tipici, nati, non solo dalla presenza di materie prime connesse all'attività stessa, ma anche dalla necessità di vivere, per tempi medio-lunghi, senza avere la possibilità di preparare cibi complessi.
Un esempio di quanto appena detto è rappresentato dal pane carasau (non per niente di origini barbaricine) il quale è un pane adatto ad essere consumato dai pastori durante il pascolo delle pecore sia per il suo essere facilmente conservato sia per la duttilità dell'alimento stesso.
Insieme al pane, chiaramente, un'altra tipologia di prodotto base della cultura gastronomica sarda è il formaggio d'origine ovina, caprina e vaccina.
I formaggi, come altri prodotti sardi, acquistano, in Sardegna, caratteristiche organolettiche di grande qualità, grazie alla natura dei pascoli, al clima che concentra ed evidenzia gli aromi mediterranei, al sistema di produzione e alle razze allevate.
Ma la Sardegna gastronomica non è solo questo, questa regione vanta, infatti, una varietà di sapori e prodotti anche per quanto riguarda la carne, il pesce, la verdura, i dolci ed i vini.
Come per altri prodotto agro-alimentari anche la vite beneficia delle condizioni climatiche e morfologiche dell'isola e ne rispecchia le caratteristiche.
Le aree geografiche che prenderemo in considerazione sono Cagliari e provincia (a sud), Oristano e provincia (ad ovest), Sassari e Gallura a nord (a nord) e Nuoro e la Barbagia (ad est).
CUCINA SARDA
L'insularità, la cultura agropastorale e l'agricoltura caratterizzano la cucina sarda: semplice e nello stesso tempo originale, ricca di ingredienti e sapori fondamentali, priva di elaborazioni, aromatica di erbe e legna odorosa ma non piccante.
I suoi cardini sono le carni arrostite, i latticini, i salumi, il pane, i dolci e i vini. Tuttavia i sapori più genuini della cucina sarda vivono nelle case comuni, negli stazzi dei pastori, sui banchetti allestiti all'aperto e solo con pochi piatti si mostra agli occhi e soprattutto al palato del turista.
Itinerari gastronomico della sardegna
alla ricerca della cucina sarda, tra un'impressionante ricchezza e varietà di piatti, frutto del connubio tra i prodotti del mare e quelli della terra.
Quasi tutte le città e le cittadine costiere della Sardegna, a iniziare da Olbia, hanno una ricca cucina tradizionale di mare, con la quale si confrontano, spesso in fantasiosi connubi, le cucine dell'entroterra. E' il caso di Olbia, ma anche di Stintino, di Castelsardo, di Alghero, di Bosa, di Oristano. A Cagliari, che con le sue attività marinare è una delle capitali italiane del pescato, prevale la cucina di mare, come tradizione significativa.
Dal confronto tra entroterra e mare, come si accennava in apertura, nasce spesso il connubio di sapori, di culture e di preparazioni, con suggestivi risultati. E' il caso della minestra di verdure di stagione che si prepara ad Alghero, con la presenza di piccoli pezzi di spigola e di palamita, o del pesce al tegame con patate, ad Alghero ma anche a Portotorres e a Stintino, per citare due esempi.
Un autentico culto si tributa ad Olbia ai frutti di mare, specialmente alle cozze che provengono dall'antica acquacoltura del golfo; si gustano in preparazioni a zuppa, o come condimento per le paste, ed ancora in salse verdi o rosse, gratinate al forno, o come ripieno di croccanti frittelle da consumare calde.
Nel mare di Olbia, e di tutta la costa che da Olbia si prolunga sino a Santa Teresa di Gallura, molte energie si dedicano alla pesca dei crostacei: dalle aragoste alle cicale, dagli astici alle granseole, ai gamberi, agli scampi e ai "faoni", gli speciali granchi dei fondali dell'arcipelago della Maddalena. Nel mare della Gallura - Costa Smeralda oltre i crostacei, si trovano le attinie, generalmente consumate fritte, e i preziosissimi limoni di mare. Prevale nella preparazione dei pesci la cottura al forno, sotto sale grosso, che garantisce la conservazione ottimale dei sapori originari. Ma se si deve procedere ad una cottura al vino bianco - preferibile quando il pesce sia di grandi dimensioni - il risultato migliore si ottiene con l'uso del "Vermentino di Gallura DOCG", bianco delicatamente aromatico.
CUCINA TIPICA SARDA PRODOTTI TIPICI DELLA SARDEGNA
Cucina cagliaritana e ricette cagliaritane
La cucina cagliaritana fonda le sue basi nelle materie prime messe a disposizione dalla natura, principalmente dall'immensa risorsa costituita dal mare.
Tra i principali prodotti tipici cagliaritani legati al mare possiamo menzionare le arselle e cozze a schiscionera (arselle e cozze cucinate in tegame con aglio, olio d'oliva e prezzemolo e spolverate con pan grattato) , la bottarga o bottariga (uova di muggine o cefalo salate e stagionate. Servita a fette sottili e condita con olio d'oliva), orzidas (anemoni di mare insemolati e fritti), sa burrida (gattuccio di mare in aceto con prezzemolo e noci da servire freddo), aragosta alla campidanese (bollita e condita con olio d'oliva e succo di limone) e su scabbecciu (pesci conservati in soffritto di olio, aceto ed aglio) e questa è solo una minima parte dal vasto panorama gastronomico.
La cucina cagliaritana non si ferma, però, solo ai prodotti legati alla pesca, anzi c'è molto da dire anche nei piatti di carne, nei primi piatti e nei dolci.
Non si può tralasciare, parlando di cucina cagliaritana, di parlare della antica tradizione cagliaritana nella produzione di specialità a base di grano (di altissima qualità) come per esempio i famosi malloreddus campidanes (gnocchetti di semola aromatizzati con zafferano da condire con sugo di pomodoro, pecorino sardo grattugiato e salsiccia a pezzetti), sa fregula (piccole palline di pasta realizzate a mano e tostate al forno).
Tra le specialità cagliaritane menzioniamo, inoltre, sas panadas (pasta sfoglia ripiena di verdure e anguille cotta al forno) e i tradizionali piatti di carne come il porceddu e capretto arrosto.
Cucina e ricette di Nuoro e della Barbagia
La Barbagia è l'area più antica della Sardegna, è ricca di tracce lasciate da millenni di storia, queste sono presenti anche nella tradizione culinaria.
Qui le tradizioni pastorali sono più forti e sono riuscite a giungere ai giorni nostri ancora integre, quasi fossero state protette dai monti.
Tra i prodotti di origini barbaricine c'è il pane carasau, nato tra le comunità pastorali della Barbagia.
Il pane carasau è l'ingrediente principale dell'antica ricetta del pane frattau, per la preparazione del quale si utilizzano anche salsa di pomodoro, formaggio pecorino e uova.
Il pane carasau veniva utilizzato dai pastori come accompagnamento a salumi tra i quali citiamo il prosciutto sardo (nato dalla necessità di poter conservare per un periodo di tempo più lungo la carne di pecora e di suino); essendo un pane secco era facile da conservare e poteva anche essere utilizzato come una sorta di piatto per appoggiare gli alimenti che costituivano il pasto.
La tradizione culinaria barbaricina trova le sue origini dalle materie prime di cui il territorio dispone, tra le quali c'è una vasta ricchezza di selvaggina di vario genere. Famoso è “su porcheddu”, maialino da latte arrosto aromatizzato solo con sale e foglie di mirto, cotto sullo spiedo.
La tradizione vuole che animali di taglia più grossa rispetto al maialino vengano cotti alla brace cioè in una buca foderata con erbe aromatiche (mirto, alloro, rosmarino etc…) ricoperta con uno spesso strato di erba e uno di terra sul quale si accende il fuoco.
Degli animali, come in tutte le cucine di origine povera, non si buttava e ancora non si butta via niente, le frattaglie, sono, infatti, ingredienti principali di molteplici ricette barbaricine, tra le quali Su Tattaliu o il sanguinaccio di pecora.
Specialità barbaricine più complesse sono, invece, i culurgiones dell'Olgiastra, ravioli fatti con ripieno di formaggio nella fattispecie Casu Axedu o Frue, patate, aglio e mentuccia. Anche in questi si ritrova una lunga tradizione artigianale nella loro preparazione, la chiusura della pasta, infatti, necessita di maestria tramandata di generazione in generazione.
La pasta deve, infatti, essere chiusa con sapienza pizzicando i due bordi della sfoglia a chiudere all'interno il ripieno fino ad ottenere una sorta di lavorazione a spiga.
Non va dimenticato che l'utilizzo delle erbe aromatiche è molto diffuso in Sardegna, proprio perché, erbe aromatiche che in altre parti d'Italia si trovano solo al supermercato, qui crescono spontaneamente.
Cucina e ricette di Oristano
La zona di Oristano e provincia è affacciata sul mare, ma questo non preclude alla gastronomia locale di includere piatti derivanti dalla tradizione agricola e pastorale.
Innanzitutto è assolutamente da citare il piatto antico e forse il più prestigioso della zona: la bottarga.
La bottarga è costituita da uova di muggine essiccate, solitamente gustate al naturale, tagliata a fettine accompagnata da frutta e verdure.
Altro piatto estrapolato dalla miriade di piatti della cucina marinara delle zone è sa Mrecca, preparata con muggine lessato, salato e avvolto nella zibba (un'erba palustre).
Le anguille sono un altro piatto molto comune, queste vengono chiamate “su scabecciu”, vengono marinate dopo la cottura in salsa d'aceto.
La Panada, una sorta di calzone di pasta sfoglia cotto al forno ripieno di carni, verdure, legumi freschi oppure anguilla.
Come in tutta la Sardegna, anche qui esiste una grande e varia produzione di formaggio di ovino che vaccino.
Tra i formaggi più tipici della zona citiamo su casizzolu che è una caciotta tenera a base di latte vaccino.
L'olio prodotto in questa zona è di grande pregio, viene ottenuto con la spremitura a freddo come avviene, per esempio, per l'olio del Montiferru ricavato da oliveti di una zona di alta collina.
Cucina e ricette di Sassari e Gallura
Anglona & Golfo dell'Asinara
La cucina di quest'area della Sardegna è più che mai variegata.
La lunga tradizione contadina garantisce, a chi si avvicini alla cucina di questa zona, prodotti a base di grano e olio d'oliva di primissima qualità, ottenuti attraverso procedure di lavorazione e cottura perfezionate nel corso dei secoli.
D'altra parte, la vicinanza al mare, garantisce, invece, ottimi piatti a base di pesce fresco.
Tra i principali piatti tipici della zona si possono citare:
la cordula (intestino e stomaco di pecora)
il tatalleu
la zuppa di legumi al finocchietto
i ciggioni (gnocchetti)
le melanzane isparrate (spaccate in due)
le bistecche di pecora, di cavallo o d'asinello
la favata
Gallura
L'area sarda identificata come “Gallura” si trova nella sezione più a nord della Sardegna.
La cucina di quest'area ha come ingredienti principali lo zucchero ed il miele, anche se è strano a dirsi.
Zucchero e miele sono presenti in quantità non solo nei dolci, come è normale che sia, ma anche in altri piatti creando associazioni di sapori del tutto originali.
A dimostrazione di quanto detto citiamo i ravioli chiamati Puligioni, il cui ripieno è costituito da formaggio fresco e abbondante zucchero aromatizzato alla cannella, conditi con sugo salato.
Le focacce di pane con siccioli di maiale si trovano in Gallura con il nome di Uggiaddini nella versione dolce, sono, infatti, ricche di zucchero e farcite di uva passa. Lo zucchero viene utilizzato persino nel classico sugo al pomodoro oppure nella preparazione della gelatina con i piedi di maiale disossati.
La tradizione gastronomica della Gallura è, d'altra parte, assolutamente vasta, vanno, infatti, anche citate la zuppa cuata fatta con pane e gratinata in forno, i Chiusoni cioè gli gnocchetti.
Altro piatto assolutamente da non dimenticare è Li Pan'a Fitti fatto con spianata bollita in brodo di pecora e condita con olio locale, formaggio pecorino, prezzemolo e cannella.
La cucina della Gallura vanta, inoltre, una varietà di piatti a base di carne tra i quali va menzionato il capretto.
In Gallura, come in gran parte della Sardegna, crescono funghi in quantità e anche di alta qualità come ovuli, porcini e la cosiddetta antunna.
E' ovvio, quindi, trovare sulle tavole degli abitanti di questa zona, nella stagione propizia, piatti a base di funghi come salse ai funghi per condire la pasta oppure funghi arrosto o ancora funghi con aglio, prezzemolo e peperoncino.
Ovviamente anche qui la vicinanza al mare influenza la cucina.
In questo senso sono da citare le rinomate cozze di Olbia e i calamaretti del Golfo Aranci.
La tradizione gastronomica di questa zona è ricca, come già citato inizialmente, di preparazioni dolci, come, per esempio, le Acciuleddi fatti con pasta fritta passata prima nel miele e poi nelle scorze d'arancia.
Li Cucciuleddi con un ripieno di miele, pan grattato, noci e mandorle tritate, scorza d'arancia, cannella, pepe e garofano.
Altro dolce molto famoso sono Li Siadi, simili alle Seadas ma diverse nella forma che nelle Siadi è semcircolare e anche nel ripieno che prevede del prezzemolo tritato.
Goceano
L'area denominata Goceano è la parte più interna e verde della provincia. Anche qui le caratteristiche morfologiche della zona influenzano notevolmente la gastronomia. Qui agricoltura e pastorizia costituiscono le colonne portanti dell'economia insieme all'artigianato.
Qui si possono gustare piatti tipici come le rinomate Copulette, i famosi Sospiri, le Piscadure, La Spianata chiamata Poddine, il Misturu e tra i dolci le Origliette e i Turonzos.
Altri piatti della tradizione sono:
Maccarones Lados
Sos Spinos (tronchetti di pasta Violata fritti e passati nel miele)
Origlias de padre (orecchiette del frate con ragùd'agnello)
Sas Gheradas Durche (focaccia con siccioli)
Sos Rugiolos (frittelle di farina, uova, formaggio fresco e scorza d'arancia grattugiata)
Riviera del Corallo e Lugudoro (Golfo d'Alghiero)
La cucina alghierese ha forti influenze spagnole e genovesi.
Quest'area è ricca di vigneti, oliveti e frutteti che garantiscono genuinità degli ingredienti principali della cucina stessa.
Alighiero, affacciata sul mare, presenta, d'altra parte, una vasta varietà di piatti a base di pesce.
Si possono, infatti, gustare minestre di legumi e frutti di mare, primi piatti conditi con pesce d'ogni genere, pesce cotto in diversi modi (alla griglia, in umido, al forno etc..)
Tra le specialità della zona ci sono assolutamente la zuppa di pesce azzurro con pomodoro secco, aglio e gallette, la Copatza di Ciba (zuppa di cipolle), ma il primo posto tra le specialità di alighiero va sicuramente all'aragosta che viene solitamente servita con insalata di pomodori e cipolla oppure alla catalana.
Gastronomia della Sardegna
Alghero
La specialità più importante della cucina di Alghero è l'aragosta: la si trova preparata in insalata, al forno, alla griglia, o utilizzata per sughi e intingoli che vanno a condire "maccarrones" (un tipo di pasta) o spaghetti. Le campagne intorno alla città offrono ottima frutta e uva da tavola.
Cagliari
A Cagliari si può trovare un'ottima cucina di pesce e un'altrettanto eccellente serie di piatti appartenenti alla tradizione contadina e pastorale. Sempre presente è il pane, di ottima qualità e con particolarità che variano da un paese all'altro dell'isola. Tra le specialità vanno segnalati: la "burrida" di gattuccio (squalo bollito in salsa a base di noci), i "malloreddus" (gnocchetti di semola serviti in genere con ragù), il pane "carasau" detto anche carta da musica, la "fregula" (minestra di semola con zafferano e formaggio)
Carloforte
La cittadina ha caratteristiche gastronomiche tali da meritare un viaggio, non solo per l'eccellente cucina di pesce, ma per la singolare unione di tradizioni genovesi e arabe. Vi si trovano infatti piatti che vanno dalla capponata (insalata simile a quella genovese) al cuscus tunisino, qui detto "cascà".
Nuoro
La cucina di Nuoro è tradizionalmente legata ai prodotti della pastorizia e della terra: salumi saporiti, minestra di farro, ravioli e "maccarrones" (un tipo di pasta) conditi con sugo a base di carne o formaggio, spiedi e arrosti di agnello e capretto.
Oristano
Accanto a consolidate tradizioni contadine, con produzioni pregiate di frutta e ortaggi, Oristano ha una vasta serie di piatti marinari molto importanti: l'aragosta e tutte le varietà di pesci caratteristici delle acque salmastre, come cefali, capitoni e muggini. La "merca", pesce conservato nelle erbe palustri, è una specialità che si può assaggiare solo in questa zona.
Sassari
Nei ristoranti di Sassari si può trovare un po' tutta la cucina sarda, senza specialità particolari.
Prodotti tipici, unici e genuini
La Sardegna è una delle mete più ambite dai turisti nazionali e internazionali, non solo per le sue bellezze naturali, ma anche per la sua originale e ricca gastronomia basata su ricette antiche tramandate di generazione in generazione.
Ogni provincia rispetta la propria tradizione utilizzando i prodotti tipici della zona. Grazie anche alla posizione geografica dell'isola, compresa tra il mare, le lagune pescose ed i rilievi dell'interno, gli ingredienti tipici della cucina sono molto differenziati ma nello stesso tempo semplici e naturali.
ANTIPASTI
Il caratteristico piatto sardo che precede il pranzo o la cena è costituito da salumi misti prodotti artigianalmente, prosciutto crudo, formaggio pecorino sardo, olive, il tutto guarnito con della verdura freschissima. Oppure è possibie trovare un antipasto che può comprendere granchi, cozze, arselle, patelle, datteri di mare, chiocciole, ricci, aragosta, polpo, bottarga di muggine.
PANE E PASTA
La tradizione sarda vanta diversi tipi di paste, secche e fresche, e di pani tipici. Ingrediente base è sempre la semola di grano duro, utilizzata per preparare i famosi malloreddus, il pane carasau conosciuto anche come carta da musica, la fregola composta da pasta lavorata a mano dalla forma di piccole palline e tostata al forno, i culurgionis con ripieno di ricotta.
primi piatti
E' opportuno prima di parlare dei primi piatti, fare una premessa e parlare del grano sardo, che ha goduto e gode tuttora di un ottima reputazione dovuta sia alla resa che al sapore; tutto questo a vantaggio della produzione di pasta alimentare che risulta di elevata qualità.
Ricordiamo tra le paste più conosciute dell'isola i malloreddus, preparati con la semola migliore e con acqua tiepida leggermente salata, che nella migliore tradizione gastronomica sarda venivano aromatizzati con zafferano. Il loro aspetto finale di conchiglia vuota è caratterizzato sul dorso da rilievi paralleli ottenuti facendo rotolare i piccoli tocchi di pasta sul fondo di un canestro. Il piatto tipico sono is malloreddus alla campidanese, con sugo di pomodoro, salsiccia a pezzetti ed abbondante pecorino grattugiato.
La fregula, pasta costituita da piccole palline confezionate a mano e tostate al forno, é ideale per la preparazione di minestre, o per essere condita con salsiccia fresca e pomodoro. Tipico piatto é sa fregula cun cocciula (fregola con arselle). I pillus è una pasta semifresca, simile ai tagliolini, cotta nel brodo di manzo o in quello di pecora e fatta precipitare in abbondantissimo formaggio pecorino fresco. Le panadas sono tortine salate farcite, a seconda della zona della Sardegna di carne o di anguille in umido, ma anche ripiene di cacciagione (pernice, cinghiale o lepre). I culurgiones ogliastrini, conosciutissimi anche al di fuori della Sardegna, sono originali sacchetti di purè di patate, rosso d'uovo, pecorino fresco, cipolla e mentuccia.
SECONDI
Tra i piatti a base di carne è caratteristico il porchetto allo spiedo, arrostito e insaporito coi rami di mirto, il capretto e la pecora bollita. Oppure una grigliata mista di pesce.
SALUMI
In Sardegna i salumi sono preparati secondo antichi procedimenti e con l’utilizzo di ingredienti semplici: sale, poche spezie ed un’accurata stagionatura. Il più caratteristico dei salumi sardi è il prosciutto di montagna, di maiale o cinghiale; anche la salsiccia, secca o affumicata, è considerata il salume simbolo dell’isola.
FORMAGGI
La Sardegna è da sempre considerata simbolo della civiltà pastorale; l’allevamento caprino e ovino rappresenta l’attività economica più importante. Tra i più pregiati troviamo il pecorino sardo, formaggio D.O.C. prodotto esclusivamente in Sardegna.
DOLCI
La pasticceria tradizionale sarda è molto varia e propone dolci per ogni occasione e ricorrenza. L'ingrediente base per la maggior parte dei dolci caratteristici sardi sono le mandorle, con cui si preparano gli amaretti, "is pabassinas" con l'aggiunta di uvetta passa e sapa.
VINI
La Sardegna può vantare un’antica tradizione vitivinicola, da cui provengono vini d’elevata qualità. I vini isolani sono robusti e di gradazione piuttosto elevata. Fra i più apprezzati e conosciuti ci sono sicuramente il cannonau, la malvasia, il vermentino,il nuragus, la monica.
IL VINO, MAGIA DELLA SARDEGNA
La varietà dei vitigni sardi è tra le più ricche d'Italia e la Gallura ha dato i natali a quello splendido nettare che si chiama Vermentino, vino bianco secco dal gusto leggermente amarognolo e dal profumo delicato. Tra i rossi il più famoso è il Cannonau, ma altrettanto pregiati sono i rossi e i rosati di Monti, il Nebiolo di Luras.
Famosi i liquori come il Mirto, bianco e rosso, ottenuto dall'infusione in alcool delle bacche o foglie del mirto, e il Filuferru, una grappa sarda pura e rigorosa.
LIQUORI
L'antica tradizione passa anche per i liquori, avendo saputo trasformare la ricca varietà di piante, caratteristiche del paesaggio isolano, in ottime sostanze profumate e delicate. Liquore simbolo è sicuramente il mirto, bianco e rosso, ma citiamo anche il liquore di fico d’india e l’acquavite, più conosciuta con il nome di "filu’ e ferru".
STORIA DELLA CUCINA SARDA
Isola, non solo dal punto di vista geografico, la Sardegna è una terra appartata, rimasta per lunghissimi secoli chiusa nella sua civiltà arcaica e severa, nella sua fatica, nella sua dignità. Agricoltura e pastorizia sono stati sempre i fondamenti dell'economia sarda; poi, con gli anni Sessanta e Settanta, è arrivato il boom del turismo, la «scoperta» del meraviglioso mare dell'isola e delle sue immense possibilità per l'industria delle vacanze. I contrasti sono ancora evidenti, lo choc di un passaggio così repentino tra antico e nuovo, che interessa soprattutto le coste ma che si riflette su tutta l'isola non è ancora stato del tutto smaltito; alcune tradizioni resistono, il folclore è tuttora il più ricco e vitale d'Italia, il patrimonio di una cultura agro-pastorale molto caratterizzata è pressoché intatto. La tavola, specchio fedele della vita, della storia, della geografia, è quindi legata fortemente alla terra, alla dura condizione del pastore, alle feste religiose e pagane che sono ancora oggi sentite. Quanto al vino, la tradizione è molto antica ed è notevole la quantità dei vitigni; la produzione vinicola ha avuto negli anni Settanta una spinta propulsiva e un rinnovamento che le hanno fatto raggiungere una sua identità e livelli di grande interesse.
Dalla famosa Vernaccia di Oristano al Vermentino, al Cannonau, i vini sardi hanno oggi acquistato una certa fama e sono in crescendo.
La cucina invece, come quelle meridionali in genere, vive ancora quasi esclusivamente nelle famiglie; solo di rado, e in pochi piatti, si offre al turista. Semplice, «pulita», fatta di ingredienti genuini e sapori essenziali può essere divisa in due capitoli che corrispondono a luoghi diversi. La più antica e caratteristica cucina sarda è quella, esclusivamente «di terra», dell'interno dell'isola: i suoi cardini sono le carni arrostite (animali selvatici, cacciagione e maiali giovani, i «porceddi»), il pane, i latticini, il miele, i salumi, le verdure. Cucina di pastori e di contadini, aromatizzata da erbe e legna odorosa, fatta di sapori decisi ma non piccanti. Cucina spesso rituale, che ripete da millenni gesti immutabili, che ha precisi significati simbolici.
L'altra cucina sarda, molto più recente anche se ormai ha alcuni secoli, è quella di mare. L'origine è composita, molti sono gli echi e le reminiscenze di nomenclatura. Il fatto è che i sardi non furono mai gente di mare; preferirono insediarsi nell'interno dell'isola piuttosto che sulle coste povere di porti naturali, infestate dalla malaria, e preda di feroci attacchi pirateschi. Così il ricchissimo mare di Sardegna rimase sconosciuto alle popolazioni locali almeno fino a quando altri popoli, questi sì naviganti e marinai, giunsero all'isola e vi si stabilirono più o meno da padroni. Spagnoli e genovesi, che dominarono in periodi diversi la Sardegna, lasciarono anche nella tradizione culinaria la loro impronta; la «cassola», specialità della zona di Cagliari, è una zuppa di pesce di chiara derivazione spagnola e così il «mazzamorru», zuppa a base di pane raffermo che un tempo era il cibo dei galeotti della marineria spagnola; anche lo «scabecciu», la marinatura nell'aceto che si riserva di solito ai muggini, viene dal catalano «escabet». A Genova riportano invece la «burridda», che in Sardegna però diventa tutt'altra cosa dalla zuppa di pesce ligure: esclusivamente a base di gattuccio di mare, lessato e coperto da una salsa a base di olio, aglio, aceto e noci tritate, si serve come antipasto. Di origine siciliana sono le ricette per il pesce spada, che viene catturato nel sud dell'isola con lo stesso sistema e lo stesso rituale tipico della «mattanza» siciliana. Liguri, siciliani, più recentemente anche laziali e toscani si sono via via stabiliti sulle coste sarde per trarre dal mare lavoro e hanno richiamato a poco a poco gente locale convertendola al mare. La pesca è abbondante, la fauna ittica annovera tutte le qualità più pregiate: perciò se una vacanza estiva in Sardegna non porterà a conoscere molte ricette originali a base di pesce, ci sarà in compenso la possibilità di gustare stupende aragoste e altre freschissime varietà.
Interessante è poi la pesca lagunare e costiera a Oristano e nel Campidano, sul tratto sud-occidentale. La più tipica specialità è la «merca», pesce conservato (di solito muggine) che viene lessato in acqua molto salata (un tempo si usava l'acqua marina) e poi aromatizzato con un'erba palustre locale che gli dà un sapore particolarissimo. Un'altra preparazione che si ritrova anche in Sicilia è la «buttariga» (meglio conosciuta come bottarga): sono uova di tonno o, più pregiate, di muggine, salate e fatte seccare sotto la pressione di pesi destinati a disidratarle. Si mangia a fette sottili con pomodori in insalata oppure, con l'olio, come condimento della pastasciutta: ha un sapore di mare aggressivo, coraggioso, esaltante.
Ma è tempo di lasciare le cristalline trasparenze del mare, le rocce tormentate e selvagge della costa per addentrarci nel cuore dell'isola e cercarne i sapori più antichi. Perno di tutta l'alimentazione sarda tradizionale è il cibo più fragrante e frugale che ci sia: il pane. Ma qui il pane è di volta in volta espressione di festa e di augurio, si adatta alle diverse circostanze della vita, segue il pastore nelle sue lunghissime assenze da casa, assume fogge e nomi diversi secondo i luoghi e le ricorrenze. C'è il pane a grandi forme rotonde che si taglia a fette e si chiama «pani tunni», c'è la «pizzuda» barbaricina, una focaccia dalla forma triangolare, il «tanconi», pane merlettato, lo «zicchi» o pane «scaddatu», rotondo e schiacciato, privo di mollica. Il più celebre fuori dell'isola è il pane «carasau» ribattezzato con felice espressione «carta da musica»: è il pane inventato dal popolo per accompagnare i pastori nei pascoli. È secco, sottilissimo, leggero, in rotondi fogli sovrapposti e croccanti: riesce a conservarsi inalterato per lungo tempo e si mangia ammorbidito con acqua. Unendolo a fette di formaggio i pastori fanno «i suppas», oppure il più ricco «pane frattau», con pomodoro e uova.
Ci sono poi i pani delle occasioni speciali, coi quali si entra nel vivo del più autentico folclore. Il pane e, come elementi complementari, i dolci, seguono il ciclo della vita sottolineandone tutte le tappe più importanti. Raramente si trovano in commercio; sono prodotti che la famiglia riproduce con geloso amore delle usanze antiche. Il pane del giorno del matrimonio viene preparato con particolare estro: quando la pasta è ben gonfia, si modella con le dita e il coltello fino a farne ghirlande, animali, aiuole fiorite, cattedrali gotiche. Al momento di infornare la massaia pronuncia la frase rituale che dice: «In nome di Dio e di Santa Rosa, che tu riesca bello come un pane da sposa».
In alcune località il pane degli sposi viene portato in dono alla coppia dal vicinato e si adorna di pagliuzze di carta colorata e di pervinche, simbolo di fecondità e felicità. Il giorno del battesimo il pane è lavorato come un merletto, quasi a esprimere la gioia della nuova vita. Nel giorno della morte, il pane viene confezionato con farina integrale: il suo colore scuro sottolinea il lutto e il tramonto della vita.
Fare il pane, anche il più semplice e quotidiano, è operazione di piena e profonda religiosità. «Deus bos vardet», Dio vi guardi, è il saluto di chi entra in una casa dove le donne stanno lavorando l'impasto. «Nos benedicat» è la risposta d'obbligo. I gesti sono precisi, intensi, liturgici. Le protagoniste sono sempre le donne. Agli uomini invece è affidata la cottura degli arrosti, altro caposaldo della tavola sarda. Ogni pastore sa allestire il suo spiedo con un ramo d'albero e conosce la tecnica di girarlo con una serie di movimenti cadenzati. Si cuociono di preferenza «porceddi», infilzati in un bastone di corbezzolo e non si mette alcun condimento all'infuori del sale e qualche goccia di lardo. Indispensabile è l'apporto delle erbe aromatiche: menta, rosmarino, mirto, alloro, salvia danno alle carni morbidissime per la lunga, sapiente cottura, sapore e profumo inimitabili. Un antico tipo di arrosto, ormai pressoché scomparso, è quello a «carraxiu» in cui si scava una buca nel terreno, vi si mettono ad ardere legna odorose, si copre con uno strato di foglie di mirto e si pone finalmente la bestia intera (vitello, cinghiale, capretto, muflone oltre al porcello tipico) che va ancora ricoperto con mirto. Infine si mettono i tizzoni ardenti che in un lunghissimo tempo cuoceranno la carne profumata. Una trionfale varietà di questo arrosto corale e festivo è quella in cui al posto di un animale se ne mettono vari, l'uno dentro l'altro. È un'usanza antichissima del Nuorese, in particolare di Villagrande, e si chiama «malloru de su sabatteri». Un vitello viene sventrato e riempito con una capra selvatica a sua volta contenente un «porceddu», il quale racchiude una lepre che contiene una pernice e questa un uccello. Una specie di scatola cinese, in cui ogni animale va cucito con abilità: se ne incarica il ciabattino del paese. Questa tecnica di cottura ha probabilmente fornito l'idea ai cuochi della corte di Savoia (che si trasferì in Sardegna dal 1806 al 1814 sotto la pressione napoleonica) di una ricetta prelibata, il fagiano «in cocotte», cotto dentro un tacchino. La cottura del porco, all'aperto o nel camino della casa, è sempre cosa da uomini; nelle feste anzi è un onore riservato al più esperto e no n è compito facile né leggero. Mentre tutta la famiglia si reca alla messa egli rimane al suo posto finché la carne è dorata e cotta a puntino. A Pasqua invece è l'agnello il protagonista del grande pranzo, insieme ai dolci fantasiosi e scenografici.
Oltre all'arrosto, il maiale dà luogo a ottimi prodotti di salumeria. Squisito il prosciutto dal sapore leggermente selvatico e così quello di cinghiale, leccornia ricercatissima dai buongustai, la salsiccia, pepata e abbondantemente aromatizzata con semi di finocchio, imbevuta di aceto, è messa a stagionare nelle cucine accanto al fuoco così da affumicare gradevolmente. Ma si trova anche salsiccia con generose dosi d'aglio o con aromatico sapore di cannella. Si mangia cruda, arrostita oppure, sposata alla salsa di pomodoro, come condimento della pastasciutta. La più caratteristica pasta sarda sono i «malloreddus» dal latino «malleolus» per la loro forma arrotondata, non più grande di una falange: si ottengono premendo la pasta contro il traliccio di un setaccio detto «ciuliru», ma oggi sono prodotti industrialmente e da laboratori artigiani e si trovano puntualmente nei menù di ristoranti e trattorie. Ci sono anche paste ripiene tradizionali, come i «culingiones», ravioli detti anche «angiulottus», imbottiti di ricotta o patate, più raramente di carne.
Paradiso dei cacciatori, la Sardegna ha in serbo parecchie ricette per selvaggina e cacciagione. Preparazione tipica sono «is pillonis de tacculas»; uccelli (merli e tordi) catturati con le reti per non sciupare le carni, spennati ma non svuotati delle interiora, che secondo la tradizione vengono lessati in acqua e sale, legati per il becco e messi in un sacchetto pieno di mirto a insaporire. Questa insolita squisitezza resta privilegio di pochissimi turisti che abbiano la fortuna di avere in Sardegna degli amici. In periodo venatorio con la stessa tecnica si può preparare la gallina. Il prodotto alimentare più esportato dalla Sardegna è il magnifico formaggio pecorino «cacio fiore» prodotto principe della pastorizia: ha pasta bianca e compatta, ha sapore dapprima dolce poi gradevolmente piccante via via che procede la stagionatura. Sempre con latte di pecora si fanno ricotte più o meno spiccate nel gusto, che spesso si cuociono in forno, e tutta una scia di caprini a differenti livelli di stagionatura. Col latte vaccino si prepara la «fresca», formaggio dolce che assomiglia alla «crescenza» lombarda. Formaggi teneri si preparano anche in forme gentili e infantili come cavallucci e statuine; si chiamano «gioghittus de casu» e si regalano ai bambini.
La regione è ricchissima di ortaggi e piante aromatiche fra le quali ricordiamo lo zafferano di ottima qualità coltivato in prevalenza nella zona di San Gavino e in gran parte assorbito dal fabbisogno locale. Almeno il 40% dei piatti della cucina sarda prevedono infatti l'impiego della preziosa spezia, dal semplice brodo allo spezzatino di vitellone, al caratteristico «ghisau de cabbosix», un delicato spezzatino di pollo. Il piatto più tipico è «Su Saccu», tagliolini di semola e acqua messi a cuocere a strati alternati con fettine di pecorino inacidito e pistilli di zafferano. Il risultato è un vero e proprio sformato di pasta di grande eleganza.
Ricordiamo inoltre i peperoni: i più diffusi sono verdi e rossi allungati, verdi e gialli allungati e quadrati. Possono essere dolci o piccanti. Si preparano sott'olio, sott'aceto o in agrodolce, aromatizzati con spezie spontanee o tipiche del luogo.
Vengono prodotti e commercializzati anche i peperoncini piccanti del tipo "cayenna" e la cosiddetta "ciliegia rossa". I metodi di preparazione sono due: essiccati al sole e ridotti in polvere, oppure interi conservati in un olio che viene poi utilizzato per insaporire diverse preparazioni di cucina.
E infine i pomodori prodotti soprattutto nel nord dell'isola, nelle zone di Alghero, Campidano e Logudoro. Esistono varie coltivazioni condotte con criteri biologici, senza fitofarmaci e concimi chimici. Molte aziende artigianali, dall'esperienza della tradizione casalinga, le ottengono la conserva, o salsa da bottiglia, oppure, essiccati al sole, vengono messi in vasi sott'olio.
Una particolarità di antica origine sono le «bucce di melone sott'olio». Preparazione tipica della regione di Orune, in provincia di Nuoro, ha un'origine recente. Durante la prima guerra mondiale la Sardegna era ricca di olio d'oliva ma povera di alimenti. Si pensò alle bucce di melone, bollite in acqua e aceto, asciugate e conservate in barattoli con olio, aglio, prezzemolo e origano. Si producono l'estate, quando i meloni sono freschi e saporiti, e sono pronte dopo un mese di riposo in cantine fresche e buie. Si conservano a lungo.
Tra i numerosissimi dolci sardi, i più caratteristici sono a base di formaggio e miele: il nome è «sebadas» e sono originari della Barbagia ma si trovano anche in Gallura. Altri dolci diffusi sono pasticcini a base di mandorle spesso aromatizzati con fiori d'arancio; ogni paese ha le sue specialità. Citiamo, come esempi, gli amaretti di Oliena, le «niuleddas» galluresi (rettangolini di torrone), i «suspirus» di Ozieri, ancora a base di mandorle, i deliziosi torroni morbidi di infinite varietà, a base di mandorle, miele e scorze di agrumi, e le «pabassinas» a base di uva secca, che si ritrovano in molte parti della Sardegna e sono tradizionali nelle ricorrenze religiose più solenni.
L'incontro con le origini della civiltà
A partire dal terzo millennio a.C. si hanno i primi insediamenti umani. Ma la Sardegna è stata, da sempre, terra di conquista molto ambita. Fenici, Romani, Vandali, Bizantini, Saraceni, Pisani, Genovesi, Aragonesi, Austriaci sono passati sul suolo sardo lasciando tracce indelebili nella storia e nella cultura dell'isola.
Nel 1818 viene ceduta a Vittorio Emanuele I re di savoia che dà inizio al Regno di Sardegna, primo nucleo territoriale e politico del futuro Regno d'Italia. Dal 1948 la Sardegna è regione autonoma a statuto speciale e rafforza così il proprio percorso di crescita e sviluppo che ne fanno una delle terre turisticamente più ricche del mondo.
Scoprite il folklore e la cucina della Gallura
Il folklore sardo non è nato ad uso e consumo dei turisti ma è proprio parte integrante della storia, delle leggende, dei miti e tradizioni di questa terra.
I costumi non sono maschere da utilizzare solo in alcuni periodi dell'anno, durante le sagre, ma sono gli abiti naturali della festa, alta testimonianza di cultura popolare. Nell'arco dell'anno vi sono oltre 1500 manifestazioni folkloristiche, che coinvolgono intere comunità. Spesso queste sagre seguono il ritmo delle stagioni che qui in Gallura scandiscono ancora lo scorrere del tempo.
Un altro aspetto importante della cultura sarda è rappresentato dall'artigianato, quello vero, che ancor oggi usa materiali naturali e preziosi. Chi non conosce la fama del corallo finemente lavorato o la Cerasarda, ceramica lavorata a mano in pezzi unici e artistici? E ancora: i tessuti, il cuoio, le paglie, i coltelli, i pizzi, la filigrana, veri capolavori nati dalle mani di abili artigiani che si tramandano di padre in figlio queste arti antiche.
Merita sicuramente una menzione particolare la cucina sarda, e in particolare quella gallurese, che ha saputo sapientemente miscelare i prodotti dell'antica tradizione nuragica con i nuovi sapori portati dagli "invasori" nel corso dei secoli. La cucina sarda nasce principalmente dalla terra e annovera tra le sue specialità le acrni arrostite, i formaggi, il pane, il miele e i dolci, i salumi e le verdure. Una cucina che nasce dalla tradizione contadina e pastorale, aromatizzata dalle erbe mediterranee che danno sapori intensi ma allo stesso tempo delicati.
La cucina a base di pesce è stata resa famosa in tutto il mondo da piatti come l'aragosta alla catalana o dalla bottarga, uova di tonno o di muggine salate ed essiccate, considerato il caviale di Sardegna.
La Sardegna costiera
La cucina della Sardegna è soprattutto di terra, ma la ricchezza ittica del suo mare che annovera tutte le qualità più pregiate di pesci e crostacei (basti pensare alle superbe aragoste) ha dato origine in tempi relativamente recenti a una ricchezza di proposte che oggi costituiscono una realtà interessante di questa cucina nella quale sono confluiti gli apporti di vari popoli che raggiunsero le coste di questa terra. Infatti il ricchissimo mare di Sardegna rimase sconosciuto alle popolazioni locali almeno fino a quando altri popoli, naviganti e marinai, giunsero all'isola e vi si stabilirono più o meno da padroni. Spagnoli e genovesi, che dominarono in periodi diversi la Sardegna, lasciarono anche nella tradizione culinaria la loro impronta: la «cassola», specialità della zona di Cagliari, è una zuppa di pesce di chiara derivazione spagnola e così il «mazzamorru», zuppa a base di pane raffermo che un tempo era il cibo dei galeotti della marineria spagnola; anche lo «scabecciu», la marinatura nell'aceto che si riserva di solito ai muggini, viene dal catalano "escabet". A Genova riportano invece la «burridda», che in Sardegna però diventa tutt'altra cosa dalla zuppa di pesce ligure; esclusivamente a base di gattuccio di mare, lessato e coperto di una salsa a base di olio, aglio, aceto e noci tritate, si serve come antipasto. Di origine siciliana sono le ricette per il pesce spada, che viene catturato nel sud dell'isola con lo stesso sistema e lo stesso rituale tipico della "mattanza" siciliana. Liguri, siciliani, più recentemente anche laziali e toscani si sono via via stabiliti sulle coste sarde per trarre dal mare lavoro e hanno richiamato a poco a poco gente locale convertendola al mare.
Oggi la cucina della costa sarda vanta alcune tradizionali ricette di grande pregio come la «fregula cun cocciula» che prevede i seguenti ingredienti: mezzo chilo di arselle, mezzo bicchiere di olio, due spicchi d'aglio, due cucchiai di concentrato di pomodoro, un mazzo di prezzemolo e un etto di fregolina. Per la preparazione, si lavano bene le arselle e si lasciano spurgare almeno un'ora in acqua e sale. Si mettono quindi in un tegame basso e largo e si fanno aprire al calore, poi si estraggono dal tegame, si posano su un piatto e si separano i gusci dai molluschi. Si cola il liquido rimasto nel tegame. Si prepara così un soffritto con un bicchiere di olio d'oliva e vi si mette l'aglio intero. Quando l'aglio è cotto, si toglie e si aggiungono all'olio due cucchiai di concentrato di pomodoro, si versa poi un litro e mezzo di acqua e si porta a ebollizione. Quando il sugo sarà leggermente ristretto, si uniscono le arselle con la loro acqua e una manciata di prezzemolo. Si riporta a ebollizione e si aggiungono tre cucchiai di fregolina. Da questo momento si cuoce per circa venti minuti e poi si scodella in tavola.
Un altro piatto tipico di questa cucina è l'«arangiola a s'oristanesa». Ingredienti: quattro spigole medie, una cipolla media, un ciuffo di prezzemolo, quattro cucchiai di olio d'oliva, centocinquanta grammi di olive, un bicchiere abbondante di Vernaccia di Oristano. Preparazione: si lavano, si squamano e si sventrano le spigole. Dopo di che si prepara in un piccolo tegame un soffritto con mezza cipolla tagliata, alcune foglie di prezzemolo tagliuzzato e tre o quattro cucchiaiate d'olio d'oliva. Appena la cipolla sarà dorata si aggiungono le spigole sgocciolate in precedenza dall'acqua del lavaggio, si fanno cuocere a fuoco lento per circa una decina di minuti. Si uniscono le olive, il bicchiere di Vernaccia e si ricopre il tutto con un coperchio fin tanto che non verrà portato a cottura.
E ancora va ricordata la «buridda alla cagliaritana», in cui sono necessari i seguenti ingredienti: un gattuccio di mare di circa mezzo chilo, dieci noci sarde, mezzo litro di aceto di vino bianco, un decilitro d'olio d'oliva e tre spicchi d'aglio e la cui preparazione prevede quanto segue. Dopo aver pulito e lavato il gattuccio di mare, si toglie il fegato e si fa sbollentare in un tegame a parte. Si lessa il gattuccio in acqua salata facendolo bollire per un quarto d'ora circa, si spella e quindi si taglia in pezzi piuttosto piccoli. Si tritano i gherigli delle noci unendoci alcune gocce di aceto. Contemporaneamente si scaldano in un tegame a parte quattro o cinque cucchiaiate d'olio d'oliva, si uniscono gli spicchi d'aglio e il fegato fatto bollire a parte precedentemente. Si uniscono infine le noci tritate facendo cuocere il tutto a fuoco lento, finché la miscela sarà completamente amalgamata. Vi si versa quindi l'aceto e si fa sobbollire ancora fin tanto che la salsa diventi liscia e omogenea. In una terrina si sistemano a strati i pezzi di gattuccio e si ricopre ogni strato con la salsa appena tolta dal fuoco. Dopo aver messo il coperchio si lascia riposare almeno ventiquattro ore prima di servire a tavola come antipasto.
Piatti di pesce particolari e ormai tradizionali che si accompagnano a ottimo vino, la cui produzione è molto antica e notevole per la quantità dei vitigni; la produzione vinicola ha avuto negli anni Settanta una spinta propulsiva e un rinnovamento che le hanno fatto raggiungere una sua identità e livelli di grande interesse. Dalla famosa Vernaccia di Oristano al Vermentino, al Cannonau, i vini sardi hanno oggi acquistato una certa fama e sono in crescendo.
Se è vero che il pesce in tutte le sue preparazioni è l'elemento caratterizzante la cucina della Sardegna costiera, è altrettanto vero che in questa zona si possono gustare tutte le specialità di quest'isola, specialmente da quando il turismo l'ha resa preziosa e ha inglobato ogni tradizione folcloristica. Così è per il pane nelle sue infinite varietà che spaziano dalla carta musica alle svariate realizzazioni che vengono denominate «moddizzosu»; così per la pasta legata all'importanza ancestrale assunta dalla produzione di farina che ha permesso nei secoli di realizzare sorprendenti tipi di pasta. Così per le verdure fra le quali un posto particolare occupa il carciofo che gode di una fama mitologica perché sarebbe nato dalla vendetta di Giove, che trasformò Cynara, una ragazza bellissima colpevole di averlo respinto. La poveretta fu condannata per sempre, ma la sua punizione si è trasformata in un momento felice della tavola, soprattutto in Sardegna, dove il carciofo ha un posto d'onore in cucina, mentre ha denominato uno degli amari più famosi d'Italia, il Cynar.
Uno dei modi tipici di cucinare il carciofo è al tegame detto «cancioffa a tianu», per la cui preparazione si procede così. Si puliscono i carciofi tagliando loro la punta e i gambi e si immergono in acqua acidulata. Si prepara un soffritto con olio e cipolla, si tagliano in quattro i carciofi, si mettono nel soffritto e si fanno rosolare a fuoco vivace. Si coprono a filo di acqua, si aggiunge il prezzemolo tritato, il sale e si lasciano cuocere col coperchio piano, finché il liquido sarà evaporato e i carciofi cotti a punto senza essere sfatti.
Ma l'alimento che caratterizza tutta la cucina della Sardegna è senz'altro il formaggio alla cui base vi è l'eccellenza del latte ovino dell'isola che ne produce una gamma vastissima, sempre di altissima qualità.
Il formaggio viene spesso accompagnato dal miele di cui l'isola è grande produttrice; l'accostamento fra dolce e salato lo possiamo trovare anche nel settore dolciario; ricordiamo come esempio le «sebadas»: un dolce di origine pastorale ma oggi presente anche sulla costa, formato da due dischi di pasta non lievitata ripieni di formaggio fresco inacidito, semola e scorze d'arancio. Fritte nell'olio d'oliva, si mangiano calde ricoperte di miele amaro di corbezzolo.
Ma i dolci che si mangiano soprattutto nelle case della zona costiera sono vari, tutti a base di miele, alcuni divenuti famosi perché citati in pagine letterarie, come i «gattò» ricordati dalla grande scrittrice sarda, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nell'anno 1926, Grazia Deledda.
La Sardegna interna
La più antica e caratteristica cucina sarda è quella, esclusivamente "di terra", dell'interno dell'isola: i suoi cardini sono le carni arrostite (animali selvatici, cacciagione, agnelli e soprattutto maiali giovani, i "porceddi"), il pane, i latticini, il miele, i salumi, le verdure. Cucina di pastori e di contadini, aromatica di erbe e di legna odorosa, fatta di sapori decisi ma non piccanti. Cucina spesso rituale, che ripete da millenni gesti immutabili, che ha precisi significati simbolici.
Il pane in particolare è ritenuto il perno dell'alimentazione sarda di ogni strato sociale della popolazione: è di volta in volta espressione di festa e di augurio, si adatta alle diverse circostanze della vita, segue il pastore nelle sue lunghissime assenze da casa, assume fogge e nomi diversi secondo i luoghi e le ricorrenze. C'è il pane a grandi forme rotonde che si taglia a fette e si chiama "pani tunni", c'è la "pizzuda" barbaricina, una focaccia dalla forma triangolare, il "tanconi", pane smerlettato, lo "zicchi" o pane "scaddatu", rotondo e schiacciato, privo di mollica. Il più celebre fuori dell'isola è il pane "carasau" ribattezzato con felice espressione "carta da musica": è il pane inventato dal popolo per accompagnare i pastori nei pascoli. È secco, sottilissimo, leggero, in rotondi fogli sovrapposti e croccanti: riesce a conservarsi inalterato per lungo tempo e si mangia ammorbidito con acqua. Unendolo a fette di formaggio i pastori fanno "i suppas", oppure il più ricco «pane frattau», con pomodoro e uova.
Ci sono poi i pani delle occasioni speciali, con i quali si entra nel vivo del più autentico folclore. Il pane e, come elementi complementari, i dolci, seguono il ciclo della vita sottolineandone tutte le tappe più importanti. Raramente si trovano in commercio; sono prodotti che la famiglia riproduce con geloso amore delle usanze antiche. Il pane del giorno del matrimonio viene preparato con particolare estro: quando la pasta è ben gonfia, si modella con le dita e il coltello fino a farne ghirlande, animali, aiuole fiorite, cattedrali gotiche. Al momento di infornare la massaia pronuncia la frase rituale che dice: «In nome di Dio e di Santa Rosa, che tu riesca bello come un pane da sposa».
In alcune località il pane degli sposi viene portato in dono alla coppia dal vicinato e si adorna di pagliuzze di carta colorata e di pervinche, simbolo di fecondità e felicità. Il giorno del battesimo il pane è lavorato come un merletto, quasi a esprimere la gioia della nuova vita. Nel giorno della morte, il pane viene confezionato con farina integrale: il suo colore scuro sottolinea il lutto e il tramonto della vita.
Fare il pane, anche il più semplice e quotidiano, è operazione impregnata di profonda religiosità. «Deus bos vardet», Dio vi guardi, è il saluto di chi entra in una casa dove le donne stanno lavorando all'impasto. «Nos benedicat» è la risposta d'obbligo. I gesti sono precisi, intensi, liturgici. Le protagoniste sono sempre le donne. Agli uomini invece è affidata la cottura degli arrosti, altro caposaldo della tavola sarda. Ogni pastore sa allestire il suo spiedo con un ramo d'albero e conosce la tecnica di girarlo con una serie di movimenti cadenzati. Si cuociono di preferenza "porceddi", infilzati in un bastone di corbezzolo e non si mette alcun condimento all'infuori del sale e qualche fetta di lardo. Indispensabile è l'apporto delle erbe aromatiche: menta, rosmarino, mirto, alloro, salvia danno alle carni morbidissime per la lunga, sapiente cottura, sapore e profumo inimitabili. Un antico tipo di arrosto, ormai pressoché scomparso, è quello a «carraxiu» in cui si scava una buca nel terreno, vi si mettono ad ardere legna odorose, si copre con uno strato di foglie di mirto e si pone finalmente la bestia intera (vitello, cinghiale, capretto, muflone, oltre al porcello tipico) che va ancora ricoperta con mirto. Infine, si mettono i tizzoni ardenti che in un lunghissimo tempo cuoceranno la carne profumata. Una trionfale variante di questo arrosto corale e festivo è quella in cui al posto di un animale se ne mettono vari, l'uno dentro l'altro. È un'usanza antichissima del Nuorese, in particolare di Villagrande, e si chiama «malloru de su sabatteri». Un vitello viene sventrato e riempito con una capra selvatica a sua volta contenente un "porceddu", il quale racchiude una lepre che contiene una pernice e questa un uccello. Una specie di scatola cinese, in cui ogni animale va cucito con abilità: se ne incarica il ciabattino del paese. Questa tecnica di cottura ha probabilmente fornito l'idea ai cuochi della corte di Savoia (che si trasferì in Sardegna dal 1806 al 1814 sotto la pressione napoleonica) di una ricetta prelibata, il «fagiano in cocotte», cotto dentro un tacchino. La cottura del porco, all'aperto o nel camino della casa, è sempre cosa da uomini; nelle feste anzi è un onore riservato al più esperto e non è compito facile né leggero. Mentre tutta la famiglia si reca alla messa egli rimane al suo posto finché la carne è dorata e cotta a puntino. A Pasqua invece è l'agnello il protagonista del grande pranzo, insieme ai dolci fantasiosi e scenografici.
Oltre che arrosto, il maiale dà luogo - seppure in limitate quantità - a ottimi prodotti di salumeria. Squisito il prosciutto dal sapore leggermente selvatico e così quello di cinghiale, leccornia ricercatissima dai buongustai. La salsiccia, pepata e abbondantemente aromatizzata con semi di finocchio, imbevuta di aceto, è messa a stagionare nelle cucine accanto al fuoco così da affumicare gradevolmente. Ma si trova anche salsiccia con generose dosi d'aglio o con aromatico sapore di cannella. Si mangia cruda, arrostita oppure, sposata alla salsa di pomodoro, come condimento della pastasciutta. La più caratteristica pasta sarda sono i «malloreddus» dal latino malleolus per la loro forma arrotondata, non più grande di una falange: si ottengono premendo la pasta contro il traliccio di un setaccio detto "ciuliru"; oggi sono prodotti industrialmente e da laboratori artigiani e si trovano puntualmente nei menù di ristoranti e trattorie. Ci sono anche paste ripiene tradizionali, come i «culingiones», ravioli detti anche «angiulottus», imbottiti di ricotta o patate, più raramente di carne.
Paradiso dei cacciatori, la Sardegna ha in serbo parecchie ricette per selvaggina e cacciagione. Preparazione tipica sono «is pillonis de tacculas»; uccelli (merli e tordi) catturati con le reti per non sciupare le carni, spennati ma non vuotati delle interiora, che secondo la tradizione vengono lessati in acqua e sale, legati per il becco e messi in un sacchetto pieno di mirto a insaporire. In periodo venatorio con la stessa tecnica si può preparare la gallina.
Il prodotto alimentare più esportato dalla Sardegna è il magnifico formaggio pecorino "cacio fiore" prodotto principe della pastorizia: ha pasta bianca e compatta, ha sapore dapprima dolce poi gradevolmente piccante via via che procede la stagionatura. Sempre con latte di pecora si fanno ricotte più o meno spiccate nel gusto, che spesso si cuociono in forno, e tutta una scia di caprini a differenti livelli di stagionatura. Col latte vaccino si prepara la "fresca", formaggio dolce che assomiglia alla "crescenza" lombarda. Formaggi teneri si preparano anche in forme gentili e infantili come cavallucci e statuine; si chiamano "gioghittus de casu" e si regalano ai bambini.
Tra i numerosissimi dolci sardi, i più caratteristici sono a base di formaggio e miele: il nome è «sebadas» e sono originari della Barbagia ma si trovano anche in Gallura. Altri dolci diffusi sono pasticcini a base di mandorle spesso aromatizzati con fiori d'arancio; ogni paese ha le sue specialità. Citiamo, un po' a caso, gli amaretti di Oliena, le «niuleddas» galluresi (rettangolini di torrone), i «suspirus» di Ozieri, ancora a base di mandorle, i deliziosi torroni morbidi di infinite varietà, a base di mandorle, miele e scorze di agrumi, e le «pabassinas» a base di uva secca, che si ritrovano in molte parti della Sardegna e sono tradizionali nelle ricorrenze religiose più solenni. Di questi dolci forniamo un'antica ricetta ancora in uso in molte case. Gli ingredienti sono: cinquecento grammi di mandorle sgusciate, cento gherigli di noci, cinquecento grammi di uva passa, mezzo litro di sapa (mosto di uva cotta), confettini e ghiaccia di zucchero per guarnire. Per la preparazione si procede così: dopo aver sgusciato le mandorle in acqua calda, si tritano insieme alle noci, si aggiunge l'uva passa e si amalgama il tutto con la sapa. Si mette tutto in una pentolina di coccio e si fa addensare a fuoco molto basso. Quando questa pasta è diventata omogenea, si versa sul tavolo umido e si forgia una forma di rombo. Una volta ottenute le «pabassinas» si lasciano asciugare per uno o due giorni in un vassoio. Si rivestono di ghiaccia di zucchero e di confettini variopinti.
E infine ricordiamo le «pardulas» che significa formaggelle, che pure sono tipiche di tutte le zone dell'entroterra sardo. La più antica ricetta prevede come ingredienti: un chilo di ricotta, cento grammi di zucchero, quattrocento grammi di farina, due uova, venticinque grammi di strutto, un pizzico di zafferano, buccia di un'arancia grattugiata. Si prepara una sfoglia con tre etti di farina, due albumi, una cucchiaiata di strutto e un pizzico di sale. Si prepara la ricotta in una ciotola con lo zucchero, i tuorli, lo zafferano e la buccia d'arancia; si mescola bene il tutto con un cucchiaio di legno. Quando la sfoglia è lavorata si stende in sfoglie sottili e si taglia a dischetti tondi di otto centimetri circa. Al centro di ogni disco si mette una pallina di ripieno e si fa aderire al bordo pizzicando ad intervalli lungo tutta la circonferenza. Si deve così ottenere una scatolina rotonda senza coperchio e piena fino all'orlo. Si mette poi al forno a calore medio fino a quando il ripieno diventa di un colore ambrato. Si spolverano di zucchero o miele.
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