INTRODUZIONE CUCINA FRIULANA
Cucina del Friuli Venezia Giulia
Il Friuli è un territorio sempre apprezzato per i suoi sapori e il suo
territorio. Si narra che Un re longobardo oltrepassando le Alpi inviò alcuni
uomini alla ricerca di un luogo dove ci fosse "buon vino e buon stare” Gli
uomini lo trovarono e vi appesero un ramo di albero in segno di riconoscimento.
Da allora la frasca è diventata una specie di insegna per tutte le case coloniche dove si trovano i prodotti tipici della tradizione gastronomica friulana. Il Friuli è una regione povera che presenta una gastronomia semplice, in cui dominano i prodotti che la natura offre in un territorio così fertile e straordinario. E' una cucina poco sofisticata in cui dominano patate, rape, ortaggi che vengono coltivati nella fertile pianura che si affaccia fino alla costa.
Il tipico "mangiar friulano"è caratterizzato da una pietanza profumata e gustosa che viene preparata in mille modi diversi,tutti originali: la minestra.
Le minestre sono gustose e semplici da riprodurre e ne esistono svariate varietà arricchite da svariati ingredienti: zuppe, minestrine, minestroni, minestre dolci e minestre forti, minestre,insomma,adatte a tutte le occasioni. La più caratteristica e famosa un po' ovunque è la «minestra di fagioli»: saporitissima, cotta a lungo in pentole di coccio dove I fagioli, piccoli e rossi si insaporiscono con lardo e aromi vari.
Questa regione sancita dalla costituzione italiana ha come capoluogo Udine; il suo territorio confina con il Veneto, l'Austria e la Iugoslavia e conta centri importanti e fra loro assai diversi per storia e tradizioni come: Gorizia, Trieste e Pordenone.
L'economia è agricola nella zona di pianura e in quella collinare, prealpina e silvo-pastorale nel territorio montano che - prima dello sviluppo industriale - ha dato luogo a un'elevata migrazione di mano d'opera, non bastando le risorse locali a nutrire gli abitanti. L'agricoltura ancora oggi produce largamente mais che è il cereale dominante; ad esso si associano la viticoltura e la produzione di foraggiere. Nella parte montana infatti l'allevamento del bestiame per il quale viene ancora in parte praticata la transumanza fornisce al territorio bovini da latte con grande produzione di latticini.
Una terra con una storia complessa determinata dalla posizione geografica, oltre che dai due conflitti mondiali che hanno sconvolto questa zona nel corso della prima metà del ventunesimo secolo. Una terra in cui confluiscono varie culture: basterebbe considerare il panorama linguistico che vede una gran quantità di dialetti assai diversi fra loro, oltre al ladino che sopravvive con le più antiche caratteristiche, e il friulano ormai assurto alla dignità di lingua. Influenze austriache, slave e tedesche si possono riscontrare in molti usi e costumi della popolazione dove permangono antiche tradizioni in tutti gli aspetti della vita, compresa naturalmente la cucina che nella sua semplicità è assai diversificata. Pensiamo che Trieste è stato il più importante centro della cultura Mitteleuropea e che ancora oggi si fregia di culla di questa cultura che si è sempre distinta per una grande apertura ai vari portati culturali europei.
D'altra parte la regione è composta da tre ambienti geografici fra loro assai diversi: dal paesaggio montano delle Carnie, dalle colline friulane ricoperte di vigneti, e dal Carso aspro disposto quasi da un capriccio della natura a far da cornice al magnifico golfo di Trieste.
Più che nei prodotti destinati al consumo, la regione offre aspetti variegati nelle preparazioni, tanto nella cucina di tutti i giorni quanto nelle ricette destinate a rituali e celebrazioni familiari, o più semplicemente nate come conseguenza di un costume di vita e di abitudini che arrivavano da Vienna, da Budapest, o da Praga. Ci riferiamo ai dolci, elemento caratterizzante soprattutto nella zona di Trieste, città in cui la tradizione della torta sacher e della dobos è tuttora viva nelle pasticcerie e nei caffè dove la civile usanza di una sosta e di uno scambio di idee scandisce la vita anche attualmente serena e distesa dei triestini.
Bastano pochi chilometri, non più di una decina, per cambiare completamente ambiente, immergersi nella realtà del Carso con le sue osmize, case coloniche dove una concessione che risale a Maria Teresa d'Austria consente, semplicemente esponendo una frasca all'ingresso, di vendere ai passanti i prodotti della campagna, e soltanto quelli.
Ancora un altro volto del Friuli si sperimenta quando, superate le foci del Timavo e la città stellare di Palmanova, la regione si presenta con le sue infine fisionomie: il Friuli dei colli e dei grandi vini bianchi, quello delle grappe e dei distillati prestigiosi, l'oasi di San Daniele con i suoi prosciutti e il piccolo regno di Sauris, feudo di un prosciutto affumicato che non ha eguali. E poi ancora la frutta e la verdura, famose, gli insaccati e i formaggi con il tocco magistrale del frico, sintesi assoluta delle virtù della massaia friulana quando riesce, utilizzando soltanto le parti avanzate dei formaggi, a trasformarle in un piatto che nella sua semplicità riesce ad essere superbo.
Questa regione è caratterizzata come forse nessun altro territorio italiano oltre che dalla sua realtà geografica dai segni delle vicende storiche che caratterizzano così fortemente la vita dei suoi abitanti, anche perché forse nessun'altra terra ha avuto attraverso i secoli confluenze tanto varie e tanto incidenti.
CUCINA FRIULANA
La cucina di questa regione è caratterizzata dalla fusione di antiche tradizioni gastronomiche contadine con quelle aristocratiche.
Il Friuli è una terra ricca di storia e di influenze con popoli che hanno conquistato questo territorio.
Una caratteristica di importazione che ha segnato la cucina friulana è l'uso indiscriminato di zucchero, formaggio, burro, frutta, marmellate, mostarde, senapi, in tutti i piatti, dai primi ai dolci. L'origine tipica del friuli di accostare le erbe aromatiche, la marmellata e la ricotta affumicata è certamente di tradizione in parte orientale e in parte austriaca e un piatto che rappresenta questa fusione sono i "cialzons di Artu”,fatti di sfoglia di farina, acqua e sale e riempiti con un composto di patate lesse, mele e pere tritate, biscotti sbriciolati, prezzemolo, menta, melissa, basilico, maggiorana, erba luisa, uva passa, ricotta affumicata, cioccolato fondente, marmellata di prugne, zucchero e cannella.
L'alimento fondamentale di questa terra è la polenta che viene realizzata con farina di mais, prodotto nella regione, che può essere accompagnata da tutti i cibi.
In questa regione convivono e talora si confondono due cucine caratteristiche: la friulana e la triestina. In entrambe si ha un ampio consumo di fagioli, granoturco, riso, orzo, crauti, rape e verdure fresche in genere, che entrano in specialità che risentono dell'influsso della cucina veneta, ungherese, slava, ebraica e greca, ma che hanno acquistato un inconfondibile carattere locale.
Si distinguono, tra questi, il "gulash" ungherese, il riso alla greca, la lepre alla boema, la costoletta alla viennese. Le minestre, come la jota e la zuppa di fagioli friulana, nate nel contado come piatti poverissimi, sono diventate vivande raffinate. Grande è la varietà di minestroni di pasta o di riso, in cui entrano, di volta in volta, lardo, fagioli, rape, patate, lenticchie, salsiccia.
Risotti di pesce, tagliatelle al tonno, gnocchi di pane al prosciutto, bigoli con le acciughe, "cialzons" (specie di ravioli) sono i primi piatti più caratteristici, mentre quelli di mezzo sono equamente ripartiti fra carne e pesce. I dolci sono tanti e vari dalla "gubana" alle "pinze".
CUCINA TIPICA FRIULANA PRODOTTI TIPICI DEL FRIULI
La cucina friulana... e' rinomata a livello internazionale ... soddisfa i palati piu' esigenti.... Risotti e frittate con le erbe, primi piatti a base di funghi, selvaggina cucinata in vari modi, gustosa polenta.
Il piatto principale è il maiale: dalle sue carni oltre ad arrosti, cotechini (celebre e' il Muset), salami, viene prodotto il rinomato prosciutto di San Daniele. Molto apprezzata anche la qualità del formaggio Montasio, la cui produzione è tutelata.
Fra i dolci, va ricordata (e gustata…) la Gubana, dolce tipico di produzione artigianale, costituito da un rotolo di pasta farcito con uvetta, pinoli, e altri ingredienti.
E inoltre la grappa, con il suo profumo straordinario, che viene prodotta nelle distillerie del territorio secondo le regole della tradizione.
La cucina triestina
La gastronomia triestina vede accostate ricette venete, austriache, slave, ebraiche e greche. Non è quindi raro trovare sulle tavole triestine piatti come il riso alla greca, il sanguinaccio alla boema o la costoletta alla viennese.
Molto usati in tutto il territorio triestino sono gli gnocchi;in particolare va ricordato lo gnocco di pane al prosciutto (uno gnocco gigante di pane raffermo soffritto in un composto a base di prosciutto) e gli gnocchetti di fegato, derivati dalla tradizione austriaca.
La cucina di mare riveste un ruolo importante nbella cucina di Trieste; particolarmente diffusi e saporiti sono i brodetti e sulla costa friulana ne esistono molte versioni. La più tipica è senz'altro quella del boreto gradese, contenente un gran quantità di aglio tostato.
Sapori, profumi e tradizioni della cucina triestina si fondono armonicamente facendo, di esperienze e influenze austriache, ungheresi, ebraiche, slave e orientali, un amalgama di notevole interesse. Molto ricca è la varietà dei piatti agrodolci e notevole è l'uso delle spezie. Tra i piatti tradizionali, persistono i profumi del "cren" (rafano), del cumino, della paprika, dei capuzi garbi, della jota, delle luganighe de Viena, dei cevapcici (salsicce piccanti cotte alla griglia). Altri piatti si affiancano a quelli tradizionali, dai profumi e dal sapore del mare, come ad esempio i risotti o i rinomati scampi alla busara. Caratteristici sono anche i dolci, come lo strucolo e la putiza, il presnitz, le fave, i crostoli.
Trieste
È la più popolosa e importante città della Venezia Giulia, capoluogo dell'omonimo territorio, uno dei principali porti italiani, in fondo al golfo che porta il suo nome. È una città marinara che però si sviluppa in parte in piano, in parte sulle basse colline arenacee che si estendono ai piedi del ripido ciglione del Carso triestino-goriziano.
Terra che ha alle spalle una storia complessa: già nel XIV secolo conobbe il dominio di Venezia, poi del Friuli e infine, nel 1382, quello degli Asburgo: conobbe in seguito vari domini spagnoli, slavi, francesi, finché nel 1813 ritornò sotto l'Austria; e fu il periodo di maggior splendore che vide immigrare in Trieste molti italiani, greci e tedeschi. Dopo la conclusione del primo conflitto mondiale la città poté alzare il tricolore. Ma per la formazione italiana e slava della popolazione trovò pace solo dopo la seconda guerra mondiale e precisamente il 5 ottobre 1954 quando fu concluso un Memorandum d'intesa che divideva il territorio di Trieste in due zone: la A data all'Italia e la B alla allora Iugoslavia.
Queste vicende influirono molto su usi, costumi, cultura e tradizioni della città e, assieme alla sua posizione geografica, in particolare sulla cucina triestina che si differenzia molto rispetto a quella di altre zone della regione. A Trieste infatti la cucina può sembrare un cocktail di culture e tradizioni diverse. In realtà, in questa città che fu l'emporio marinaro dell'impero austro-ungarico, centro commerciale aperto ai più vari influssi, più che un sovrapporsi di cucine (veneta, austriaca, greca, ungherese, ebraica, slava), si è verificato un accostarsi organico, rispettoso di ciascuna individualità. Convivono nei menù triestini piatto come il «riso alla greca» e il «gulasch» ungherese (che qui si chiama «gulyas»), il «sanguinaccio alla boema» e la «costoletta viennese», oltre a una ricca sequenza di piatti di stampo veneto ma diventati triestini per l'uso di certe erbe aromatiche (maggiorana, comino, origano e aglio).
Il pesce fornisce alla cucina triestina e della laguna attorno a Grado piatti eccellenti, cotture ricche di aromi che rendono molto raffinati tutti i pesci, ma anche il riso, frequentemente preparato in delicati risotti marinari. Fra i piatti di pesce tipici e di antica tradizione ricordiamo il «branzino guarnito in sfoglia dorata». Un piatto che prevede i seguenti ingredienti: un branzino di cinque chili circa, un etto di gamberetti, un chilo di vongole, un chilo di cozze, due etti di cappe lunghe, un etto e mezzo di burro, mezzo chilo di pasta sfoglia. La preparazione è laboriosa e richiede le seguenti fasi: si lavano i filetti del branzino e si rosolano nel burro. Si padellano vongole, cozze e cappe lunghe e si levano dal guscio. Si puliscono i gamberetti e si cuociono per qualche minuto nel burro assieme alle vongole, alle cozze e alle cappe lunghe. Si frulla il tutto e si mette il composto in mezzo ai filetti del branzino. Si avvolge il branzino nella pasta sfoglia e si cuoce nel forno per circa un quarto d'ora. Si porta in tavola molto caldo.
Altro piatto interessante sono le «canocie in busara» (cannocchie in umido). Per busara si intende quell'intingolo, fatto con pane grattato, pepe, sale, vino bianco e pomodori pelati, nel quale vengono cotti gli scampi e le cannocchie o cicale di mare. La "busara" era una pentola di coccio o di ferro che i marinai usavano per cucinare il pasto di bordo. Il termine, eminentemente marinaresco, è entrato a far parte del lessico culinario triestino, attraverso il tragitto che il pesce compiva partendo dalla Dalmazia e dall'Istria, per giungere nel porto di Trieste. Gli ingredienti sono cannocchie tagliate ai lati nel senso della lunghezza, aglio, prezzemolo e pangrattato, vino bianco, sale e pepe. Si alternano a scacchiera o strati le cannocchie, si cospargono del composto ricavato dall'aglio, prezzemolo e pangrattato, si bagnano poi con un bicchiere di vino bianco, pepe e sale. Si pongono in tegame, si tappa e si cucinano per dieci minuti. Il sugo dell'intingolo è saporitissimo!
Le acciughe vengono preparate in vari modi (crude marinate nel limone sono davvero ottime) e va ricordata una specialità tipicamente triestina di origine austro-ungarica: il «liptauer». Si tratta di una crema di formaggio da spalmare sul pane, possibilmente di segala, preparata nelle salumerie: ricotta e burro vengono mescolati con acciuga e cipolla tritata, capperi, senape, paprica, prezzemolo, kummel ed erba cipollina.
Il sapore dei trascorsi asburgici si ritrova anche nel «gnocco gigante» che è un diretto derivato dei Knödeln o canederli ancora oggi tipici della tavola trentina e altoatesina, ma è molto più grande. Si tratta di un impasto di pane raffermo tagliato a pezzetti, soffritto nel burro e legato con uova, sale, farina e prosciutto. Chiuso in una salvietta cuoce al vapore, appeso sopra una pentola in ebollizione. Viene servito coperto di burro rosolato e cosparso di abbondante formaggio grattugiato.
Uno degli elementi caratterizzanti della gastronomia triestina è costituito dai dolci: la tradizione viennese della torta Sacher (ormai famosa in tutto il mondo) e della Dobos è sempre viva nelle pasticcerie e nei caffè dove la civile usanza di una sosta e di uno scambio di idee scandisce la vita serena e distesa dei triestini: caffè che hanno antiche tradizioni letterarie che vedono scrittori come (tanto per fare un esempio) Italo Svevo e James Joyce, che è stato cliente assiduo della pasticceria Pirona, specializzata nei più tipici dolci triestini, dal «presnitz» (di origine ungherese) alla «putizza». La «putizza» è un dolce dalla pasta lievitata e dal ripieno simile a quello della «gubana» friulana, salvo qualche variante dovuta alla personale interpretazione del pasticciere che esegue la ricetta. La forma è simile a quella del dolce friulano: il rotolo di pasta farcita viene disposto a spirale in una tortiera e cotto al forno. La differenza sostanziale tra il «presnitz» e la «putizza» è data da qualche variante nel ripieno: la farcitura è infatti arricchita da rhum e vino di Cipro e da alcune spezie come cannella, noce moscata e chiodi di garofano. La pasta, al contrario di quella della «putizza», non ha lievito. Il dolce è considerato tipico triestino, ma l'origine è certamente slava.
Anche il riso trova fine gloriosa nei dolci; lo si cuoce spesso in latte zuccherato: aromatizzato con varie spezie diventa una torta tanto semplice quanto squisita.
Come in tutti i paesi nordici, il dolce costituisce spesso la conclusione dei pasti, anche di quelli molto semplici: per cui accanto ai dolci raffinati generalmente di origine austriaca, molti sono quelli (come lo «strudel» e i «krapfen») che sono realizzati con ingredienti molto semplici, ma non per questo sono meno gustosi e capaci di conferire alla tavola una certa allegria.
Il Friuli
Amministrativamente il Friuli corrisponde alle provincie di Udine e di Pordenone. Il Friuli è costituito da una pianura che degrada dolcemente verso l'Adriatico e dalla cerchia montana che la circonda; abbraccia le Alpi Carniche e le Alpi Giulie occidentali. La pianura si divide in alta e bassa riferendosi alla linea della risorgiva. L'alta pianura è più o meno arida e appare occupata da estesi «magredi» così definiti in questa zona i terreni di origine alluvionale molto permeabili e assai poveri di vegetazione, mentre quella bassa è spesso paludosa. Il corso d'acqua più importante è il Tagliamento che nasce nelle Alpi Carniche; fra i laghi sono da ricordare quello di Cavazzo e il San Daniele.
Tradizione e cucina particolare ha la zona montuosa distinta con il nome di Carnia che viene trattata a sé.
Il Friuli è una regione povera in cui la cucina autoctona è fatta dei prodotti faticati di una agricoltura difficile: patate, rape, orzo, granturco, con il maiale, ne sono le principali materie prime. Tavola senza molti estri, ma genuina e immune da sofisticazioni e contaminazioni. Un esempio per tutti è dato da una insalata, il radicchietto nano di Gorizia. Si coltiva in serra ed è piccolo, di un verde vellutato, delicatamente amaro. Viene pronto a primavera ed è assolutamente delizioso. I friulani lontani dalla loro terra se ne fanno talvolta spedire la semente per cercare di riprodurlo, ma i risultati sono così lontani da quelli originali che non sembra neppure la stessa verdura. Da nana, la pianta diventa grande, il sapore è comune, senza quell'inconfondibile punta d'amaro.
Un tipico "mangiar friulano" inizia sempre con una scodella di minestra fumante. Le minestre sono il settore più interessante della cucina locale: gustose, semplici da riprodurre, sono spesso, per i palati mediterranei, sorprendenti. Esistono zuppe, minestrine, minestroni, minestre dolci e minestre forti, minestre per ogni stomaco e per ogni occasione. La più caratteristica è forse la «iota», che si presta a parecchie varianti, ma che nella sua ricetta-base accosta i fagioli ai crauti con aggiunta di farina gialla, il tutto condito con il «pestat», un trito di lardo, cipolla, salvia, prezzemolo e aglio. Si può arricchire la «iota» con carne e cotenna di maiale (e allora diventa un piatto unico, molto sostanzioso) oppure con verdure e orzo.
Ma forse il vertice è raggiunto dalla «minestra di fagioli»: saporosissima, non richiede pasta né pane perché sufficientemente densa e robusta in se stessa. I fagioli, piccoli e screziati di rosso, hanno una forma a cuscinetto: si insaporiscono con lardo e aromi vari e il risultato è straordinario.
La carne più diffusa è quella di maiale che viene sfruttato in tutte le sue parti. Basta pensare alla «marcundela», tipica salsiccia friulana che può essere paragonata, entro certi limiti, con i mazzafegati marchigiani e abruzzesi e con altri insaccati del genere comuni in diverse regioni italiane. L'impasto è ottenuto con reni, fegato, cuore, polmone, milza, frattaglie e grasso del maiale, insaccato nel budello naturale e stagionato. L'insaccato viene tagliato a fette e fritto nel burro, quindi servito con un piatto di pasta o con frittata di uova.
Caratteristico è il «muset co le brovade». Il "muset" è un salsicciotto aromatizzato con spezie; assomiglia al cotechino e, come il cotechino, si cuoce lessandolo finché l'involucro si rompe e la carne esce frantumandosi. Le «brovade», specialità friulana, esigono una lunga, sapiente lavorazione. Sono rape bianche raccolte dopo la prima brinata dell'anno: per una decina di giorni si lasciano avvizzire in modo che diventino più morbide e succose, poi si toglie la corona da cui spuntano le foglie: la radice invece, per quanto lunga e barbuta, va lasciata. A questo punto si immergono in un tino dove è stata preparata la "trappa", un liquido composto da tre parti d'acqua e una di vino da torchio, fortemente tannico, che darà il caratteristico sapore acido. Il tino viene coperto e le rape fermentano per almeno due mesi. Al momento di utilizzarle vengono sfilettate con l'apposita grattugia: entrano così in varie minestre oppure diventano piatto a sé o robusto contorno. Il loro sapore deciso si sposa a meraviglia con la carne suina.
A proposito di maiale, è d'obbligo soffermarsi sul prestigioso, squisito prosciutto di San Daniele, dalla caratteristica forma a violino. Roseo e dolce come le colline in cui nasce, pochissimo grasso, ha polpa delicata e sapore soave, che gli deriva dalla salagione particolare e dalle condizioni climatiche e ambientali. Sulla superficie dei prosciutti vengono lasciati residui di sale, quindi si espongono ai venti umidi che giungono dalle montagne e che favoriscono la penetrazione naturale del sale nella carne.
Nel Goriziano sopravvive la tradizione legata al periodo pasquale del prosciutto cotto nel pane, probabilmente di origine cecoslovacca. Si utilizza il cosciotto di un maiale di piccole dimensioni, sui due chilogrammi, che viene totalmente avvolto in pasta di pane comune per uno spessore di circa un centimetro. Si cuoce in un forno da laboratorio artigianale, meglio ancora se a legna, e si toglie quando la crosta del pane è al punto giusto di doratura. Viene servito caldo, o tiepido, tagliato a fette, compresa la crosta, con una grattugiata di rafano.
Nell'ambito delle carni, oltre al maiale, vantano antiche ricette gli animali da cortile e la cacciagione. Da non tralasciare è il «piccione in scrigno» che prevede i seguenti ingredienti e una lunga preparazione. Una patata di pasta bianca molto grossa che possa contenere un piccione giovane, il fegatino e il durello del piccione, cinquanta grammi di lardo, sessanta grammi di prosciutto crudo magro, cinquanta grammi di funghi porcini, cinque-sei gambi di prezzemolo, cinque-sei capperi, due-tre cetriolini sott'aceto, salvia, rosmarino, sale, pepe, due cucchiai di olio d'oliva, mezzo bicchiere di vino bianco secco e brandy. Si avvolge la patata intera con carta stagnola e la si cucina lentamente al forno. Si lava, si asciuga, si sala e si pepa il piccione, si avvolge con il prosciutto, si mette in casseruola con foglie di salvia e rosmarino, si aggiungono due cucchiai di olio d'oliva, si cucina a fuoco lento fino a tre quarti di cottura, si passa al forno e si bagna con il vino bianco più una spruzzata di brandy. Nel frattempo si fa un pesto con il fegatino, il durello, il lardo, i funghi, il prezzemolo, i capperi, i cetriolini, la salvia e il rosmarino, più sale e pepe quanto basta e si cucina lentamente con un fiocco di burro ottenendo così una salsa. Si taglia la patata per lungo in due parti uguali, si incavano, si mette il piccione con la salsa in una di esse e si chiude con l'altra. Si passa al forno per dieci minuti in una casseruola spalmata di burro. Si serve molto caldo con guarnizione di uva nera agresta.
E così il «capriolo in salmì», per il quale occorrono un chilo e ottocento grammi di polpa di capriolo femmina giovane, catturata nel periodo estivo-autunnale, lasciata per dodici ore in una marinata composta da un litro di vino rosso, un bicchiere di aceto di vino, un po' di sedano e di carota, cipolla, due spicchi di aglio, rosmarino, salvia, alloro, prezzemolo, bacche di ginepro, cannella, chiodi di garofano, pepe in grani e timo. Si sgocciola la carne e si rosola in un fondo di lardo di prosciutto e di burro con tutti gli ingredienti della marinata, ma freschi. Mentre la carne si rosola, si prepara una salsa con il vino della marinata, ritagli di carne, peperoncini verdi, cetrioli sott'aceto e acciughe. Si porta a termine la cottura con la salsa e si serve con gnocchetti di patate saltati nel sugo ingentilito del capriolo stesso.
Anche i formaggi vantano in Friuli antiche tradizioni: primo fra tutti il Montasio, il più tipico formaggio friulano, protetto dalla DOP, che prende il nome dall'Altopiano del Montasio, un'area isolata al confine nord-orientale fra le vette alpine, un'estensione di circa mille ettari a millecinquecento metri di quota, protetta dalle cime dello Jof Fuart e dello Jof Montasio, entrambe oltre i duemilasettecento metri. Si tratta di un formaggio a pasta cotta, ottenuto dalle mungiture serale e mattutina, parzialmente scremata per affioramento la prima. La coagulazione avviene a circa 32°C e la cagliata viene lasciata brevemente riposare prima di essere rotta con lo strumento apposito detto lira, quindi viene riportata a una temperatura di 45°C. Al termine di questa prima lavorazione la cagliata viene deposta nelle apposite fascere, dove rimane sotto pressatura per qualche ora. Nel corso dell'operazione la forma viene spesso rivoltata. Infine si procede alla salatura, prima in salamoia e poi a secco, per passare poi al periodo di stagionatura. Il Montasio fresco, da tavola, già pronto dopo un mese e mezzo, dopo sei mesi diventa mezzano e dopo un anno è vecchio. La pasta è giallo paglierino, friabile; con l'età si evidenzia una piccola occhiatura. Per la stagionatura protratta si preferiscono forme prodotte con il latte del periodo estivo, immune dal rischio di fermentazione e di conseguente eccessiva occhiatura. La forma cilindrica ha un diametro di circa trentacinque centimetri, è alta circa otto centimetri e ha un peso di circa sette chili.
Vi è poi la ricotta affumicata, tipica lavorazione della ricotta, comune a vari caseifici della montagna friulana, molto caratteristica in Val Canale nell'area attraversata dall'autostrada Udine-Tarvisio, soprattutto nei paesi di Pradis di Sopra e di Malborghetto. La ricotta ottenuta dal siero di latte vaccino dopo la lavorazione del Montasio viene compressa in pani e sottoposta ad affumicatura con legno di faggio aromatizzato con ginepro ed erbe. Saporito formaggio da tavola, la ricotta affumicata è utilizzata anche per accompagnare primi piatti tipici locali come gnocchi di patate e «cialzons».
E infine ricordiamo un piatto la cui origine è legata alla povertà di questa terra, il «frico friulano». Oggi è un antipasto di rigore nei pranzi tradizionali friulani, ma le sue origini sono umili. Le contadine, prima di portare gli armenti al pascolo, lasciavano sulle braci del focolare un padellino con le croste avanzate del formaggio. Al ritorno le trovavano fuse e trasformate in una sorta di frittella dorata. Oggi è preparato in due modi: si versa su burro fuso qualche cucchiaio di Montasio grattugiato e lo si fa dorare, oppure si mettono prima patate a tocchetti, si schiacciano quando sono tenere e si coprono di Montasio.
Un accenno merita l'olio di oliva. Pur confinata in un'area dove l'olivo non dovrebbe più esserci, la regione Friuli-Venezia Giulia offre poche ma significative produzioni che in anni recenti hanno ritrovato una propria valorizzazione. I territori vocati sono quelli dei Colli orientali del Friuli, fra Udine e la frontiera slovena, nella zona collinare alle spalle di Cividale, l'intera area vinicola del Collio Goriziano e, nella parte più meridionale della regione, la ristretta conca sud del Carso Triestino attorno agli abitati di Muggia e San Dorligo della Valle. Si tratta in ogni caso di quantitativi limitati, ma la qualità dell'olio extravergine è sicuramente interessante: il prodotto è fluido, limpido, con profumi di sorprendente finezza.
E infine i dolci. Friulani e giuliano-veneti potrebbero discutere a lungo sulle differenze tra la «gubana», una focaccia dolce tipicamente friulana, e la «putizza», che ripropone analoga preparazione con qualche differenza ma viene fatta solo nella zona di Trieste. Il fatto è che nello stesso Friuli non esiste una sola «gubana», perché quella fatta nelle valli del Natisone è diversa da quella di Cividale, e perché a Trieste la «putizza» viene anche assimilata al «presnitz» d'origine ungherese. A rendere più complesso il gioco delle differenze è anche il fatto che talvolta si utilizza come dolcificante lo zucchero, talaltra il miele. A parte questo le due aree sono unite da una serie di biscotti più o meno simili; in tutte le pasticcerie di rango, poi, figurano le grandi torte della tradizione viennese, dalla «Sacher» alla «Dobos».
La cucina goriziana
Fra i piatti da assaggiare si segnalano: la classica minestra di orzo e fagioli, gli gnocchi di patate imbottiti con prugne secche, il risotto primaverile ricco di tutte le primizie degli orti goriziani, il classico gulasch ungherese, l'umido di carne di maiale e i sanguinacci (detti mulis).
La cucina pordenonese
La cucina della provincia di Pordenone è tutta giocata sulla semplicità delle ricette, che ben si abbinano agli ottimi vini del Collio. Piatti tipici sono: cialzons di pianura, busolai conseini, frittata con gamberetti, paparot, salsa di cren, topinanbur trifolati, trippe stufate.
La cucina udinese
La cucina di tutta la provincia udinese è caratterizzata dalla presenza del riso e dall'impiego di uova, farina, polenta e verdura. Piatti tipici sono: riso e fagioli, minestra di patate e fagioli, risotto con punte d'asparagi, bisna (polenta, fagioli e crauti), pasta e fagioli, cialzons (ravioli con erbe aromatiche), brovada (rape bianche) con cotechino, carré di maiale allo spiedo, cacciagione.
La Carnia
La Carnia è la regione geografica appartenente al Friuli che coincide con il bacino del Tagliamento a monte della sua confluenza con la Fella.
Caratteristica di questa zona di montagna di grande fascino e tradizioni persistenti è il clima molto ventoso, nuvoloso, piovoso che determina un abbassamento altimetrico delle dimore sia permanenti sia temporanee. La maggior parte della popolazione abita fra i cinquecento e i novecento metri. Tra ottocento e milleduecento metri si trovano casolari e fienili; da milleduecento a milleottocento ci sono soltanto le casere, abitate durante la stagione estiva.
Dopo la prima guerra mondiale la Carnia con il Friuli entrò a far parte del Regno d'Italia conservando una propria, forte identità. Terra di confine, anche dal punto di vista linguistico, è fortemente connotata: i dialetti che si parlano fan parte del gruppo friulano (ladino-orientale). Si notano due isole linguistiche bavaresi a Sauris e Timasu, che risalgono come origine al Medioevo.
Di antiche tradizioni è anche la cucina di tutta la Carnia, dove ogni osteria, ogni locanda offre autentiche meraviglie; chi è sensibile al fascino del «diverso», avrà occasione di incontri con piatti derivati dalle cucine slave e mitteleuropee, insoliti per il palato italiano. Molto diffusa è la polenta. Quando si condisce con lardo e cipolla e si unisce ai crauti e ai fagioli diventa «bisna», oppure, più densa, la si cuoce con acqua e latte, e allora si chiama «mesta». La polenta che viene cotta per almeno un'ora accompagna ogni piatto, dalla carne ai formaggi, ai salumi. Nelle case è presente la cucina a legna che consente una cottura lenta che dà un gusto e una morbidezza particolare alla carne che sia cotta al forno (come lo stinco di maiale) o in tegame.
Tipici sono anche i «cialzons», i tradizionali agnolotti della Carnia il cui ripieno esclude la carne e unisce gli spinaci all'uvetta, al cedro candito e al cacao con erbe e spezie. L'agrodolce che ne deriva diventa ancora più dolce sostituendo agli spinaci pere e susine tritate. I «cialzons» si condiscono con ricotta affumicata, burro fuso, cannella e zucchero. Ne esistono molte versioni, anche più "moderne" e fantasiose. Da ricordare quelli del Timavo, un piatto tradizionale della Carnia e in particolare della zona di Tolmezzo. La sfoglia è fatta con farina e uova; nel ripieno compaiono la frutta e altri ingredienti e rimangono invece le patate lesse mescolate con burro, cipolla, cannella, zucchero, uvetta, prezzemolo, menta, limone grattugiato e uova. I «cialzons» del Timavo si servono bolliti e conditi soltanto con burro fuso e ricotta affumicata grattugiata. E infine quelli della Val Gortana che da Villa Santina, non lontano da Tolmezzo, sale verso Cima Sappada. La sfoglia è fatta soltanto con farina e acqua; nel ripieno, al posto delle patate lesse, vi sono fette di pane nero ammollato nel latte e mescolate con un soffritto di cipolla, burro e prezzemolo, ricotta fresca e affumicata, uva passa, grappa, cannella, zucchero, sale e pepe. I «cialzons» della Val Gortana, bolliti, vanno conditi con burro, cannella, zucchero, sale e pepe.
Di origine germanica sono gli gnocchi, presenti nella cucina di tutto il Friuli, che si preparano in parecchi modi e sono diversi per forma, tecnica e sapore: a palline più o meno grandi, ovali, a bauletto, dolci o salati, di patate o di zucca, ce n'è per tutti. Forse i più singolari sono quelli grossi come una palla e col cuore costituito da una susina. Si condiscono con pane rosolato nel burro, zucchero e cannella. Vengono consumati come primo piatto o come piatto unico, cosparsi di abbondante formaggio grattugiato.
Fra i piatti "diversi" nella loro agreste semplicità, la «frittata con le sette erbe», che possono essere anche undici, se la stagione è propizia: menta, prezzemolo, cipolla, rosolaccio, germogli di luppolo, strigoli, basilico, bietole, spinaci, origano, maggiorana. Deliziosa sulla tavola primaverile, va cercata a Tolmezzo, la "capitale" della Carnia, o nei bellissimi dintorni.
Siamo in una regione di modeste risorse e troviamo quindi, protagonista d'obbligo, il maiale, quasi unico apportatore di carne, con pollame e selvaggina. I piatti che utilizzano la carne suina sono piuttosto insoliti: nella «zibidina» entrano le orecchie del porco con costolette e con qualche zampetto di vitello: il tutto viene cotto nel brodo di pollo e chiuso in una gelatina fortemente pepata.
Sulle montagne della Carnia, in un villaggio chiamato Sauris, si produceva un prezioso e particolare prosciutto affumicato e un po' dappertutto l'allevamento del maiale per uso domestico, con la preparazione relativa di soppresse, salami, cotechini e altro, conferisce al territorio una fisionomia ben precisa. Oggi le tradizioni continuano a essere mantenute, e anzi sviluppate, perché accanto alla lavorazione del prosciutto e dei salami si sono aggiunte numerose altre specialità, dalla trota affumicata alla bresaola di cervo, alle varie carni di selvaggina salate.
Certamente il prodotto più famoso e apprezzato è il prosciutto di Sauris. Sauris è una bella borgata di montagna dell'Alta Carnia, a milletrecento metri di quota. È la patria del celebre prosciutto affumicato un tempo prodotto da singoli artigiani, oggi da un prosciuttificio moderno e ben attrezzato che mantiene le lavorazioni antiche. Quello che è cambiato è il tipo di carne. In origine il prosciutto di Sauris era ottenuto dalla coscia dei piccoli maiali della microrazza "nera friulana", gli stessi che hanno fatto nascere la tradizione a San Daniele. Oggi si usano cosce di maiali bianchi normali che vengono sottoposte a salagione classica e poi a una lenta affumicatura su legna di faggio con ginepro e altre bacche odorose. Al termine di questo processo rimane a stagionare da dodici a sedici mesi, secondo il peso e la stagione.
La polenta viene spesso arricchita con il formaggio, Montasio innanzi tutto, prodotto in tutta la regione: ma della zona ricordiamo il formaggio salato. Tipico formaggio molle, sul genere dello stracchino o crescenza lombardi, è prodotto nelle vallate della Carnia con aggiunta di sale. È molto apprezzato con la polenta fresca.
Fra i cibi conservati accenniamo alle «pettucce»: è il nome di polpette di carne prodotte nell'Alta Carnia, macerate con ginepro o erbe di montagna, passate nella farina di mais, affumicate e stagionate. Rare e di notevole interesse.
I dolci sono molto semplici, come gli «esse di Raveo». Raveo è una borgata carnica non lontana da Tolmezzo dove è tradizione produrre un particolare biscotto che per la sua forma viene chiamato "esse". È molto semplice da preparare, perché è fatto solo con farina, burro, zucchero, uova e lievito. Si trova facilmente ed è un classico accompagnatore di prime colazioni, ma addirittura magnifico se intinto in un bicchiere di verduzzo friulano. O i vari tipi di «gubana» presente in tutto il Friuli o il «pane con la zucca», che è un dolce lievitato, prodotto tanto in famiglia quanto nei panifici e nelle pasticcerie. Nell'impasto di farina, zucchero, uovo e burro fuso vengono aggiunte polpa di zucca cotta al vapore e passata al setaccio e uvetta. Una volta cotto, il pane viene affettato e proposto sia per la prima colazione sia da intingere nel vino. Consigliati il traminer aromatico e il verduzzo.
Ma in tutto il Friuli e in particolare nella Carnia un pranzo o un semplice pasto si conclude con la grappa. Le origini della grappa e la tradizione di distillare i raspi delle uve dopo la pigiatura sono in Friuli antichissime. Una leggenda vuole che il primo distillatore sia stato un legionario romano nel I secolo a.C., ritornato dall'Egitto con un piccolo alambicco. Studi più attenti collocano invece la nascita della grappa friulana nel 511 d.C., quando i Burgundi, scesi dalla vicina Austria, applicarono all'uva i metodi di lavorazione che usavano con le mele. Più tardi un inventario di beni registrato da Ser Everardo da Cividale, notaio nel 1451, riporta "unum ferrum ad faciendam acquavitem". In epoca ancor più vicina a noi, nel Settecento, un editto di Maria Teresa d'Austria ricompensava la fedeltà dei soldati friulani concedendo loro l'autorizzazione a distillare la grappa senza pagare gabelle. La cultura della grappa in Friuli è dunque antica e va a una distilleria friulana, la Nonino, il merito di averla promossa e lanciata sul mercato facendola diventare un prodotto di notorietà internazionale, affinando inoltre i criteri produttivi fino ad arrivare alla distillazione del monovitigno (per prima fu la grappa di Picolit), poi alle uve e non più alle vinacce, infine alla frutta.
La cucina carnica
Quando si parla della Carnia, parliamo di un territorio a sé: con le sue particolarità,i suoi silenzi,le sue tradizioni immutate nel tempo.
A tavola la Carnia non ha segreti.
E' una cucina semplice, creata da donne che non potevano permettersi di fare la spesa nei supermercati e dovevano arrangiarsi con quanto offriva loro la natura, avara d'inverno ma ricchissima d'estate. Un tocco esotico nella cucina, veniva dato dai prodotti che venivano portati dai”cramars”che dopo aver visitato tutta l'Europa tornavano nel loro paese.
La cucina carnica viene definita povera e ricca allo stesso tempo.
Povera poiché adopera pochi ingredienti che sono però sempre genuini e caratteristici,ricca,invece, poiché ricchissima di profumi e di tanto amore trasmesso di generazione in generazione.
E' dunque questa cucina semplice ma arricchita dalla fantasia delle donne che davano un tocco personale alla preparazione di particolari pietanze che diventavano così piatti unici.
I piatti fondamentali sono sicuramente la polenta che per anni ha permesso la sopravvivenza di gente di montagna e le minestre, necessarie per un clima rigido.
La minestra, era spesso un piatto unico. Talvolta cremosa, con pane raffermo e aggiunta di farinate.I n primavera e in estate le minestre venivano preparate con le verdure di stagione e con l'aggiunta delle immancabili erbe che caratterizzano tutta la cucina carnica: luppolo, menta, pungitopo, valeriana, ortica.
Una delle minestre classiche è quella di fagioli che a Sutrio è chiamata del 17(anno dell'invasione) preparata con fagioli, patate e lardo e cotta per 2 ore.
Non va poi dimenticata la carne, in particolare,quella di maiale. Del “purcit” non si buttava nulla: sangue, interiora, cotenna ..... tutto veniva utilizzato ed era una grande festa in paese quando venivano uccisi i maiali!!
Il formaggio
Grazie allo sviluppato allevamento in Friuli è presente la produzione di un gustosissimo formaggio.
Montasio: è il più tipico formaggio friulano, protetto dalla DOP, che prende il nome dall'Altopiano del Montasio, un'area isolata al confine nord-orientale fra le vette alpine, un'estensione di circa mille ettari a millecinquecento metri di quota. Si tratta di un formaggio a pasta cotta, ottenuto dalle mungiture serale e mattutina, parzialmente scremata per affioramento la prima Con questo formaggio si ottiene un antipasto famosissimo in tutto il friuli:il fico friulano che ha origini umili. Le contadine, prima di portare gli animali al pascolo, lasciavano sulle braci del focolare un padellino con le croste avanzate del formaggio. Al ritorno le trovavano fuse e trasformate in una sorta di frittella dorata. Oggi è preparato in due modi:o si versa su burro fuso qualche cucchiaio di Montasio grattugiato e lo si fa dorare, oppure si mettono prima patate a tocchetti, si schiacciano quando sono tenere e si coprono di Montasio.
Ricotta affumicata: è prodotta in vari caseifici della montagna friulana, nel Val Canale e nei paesi di Pradis di Sopra e di Malborghetto. La ricotta viene ottenuta dal siero di latte vaccino dopo la lavorazione del Montasio che viene compressa in pani e sottoposta ad affumicatura con legno di faggio aromatizzato con ginepro ed erbe.
Salumi
Il prosciutto di San Daniele: ha una una tradizione illustre ed antica.
Furono i Celti, antichissimi abitatanti del Friuli, i primi nella storia a conservare le cosce di suino, utilizzando erbe particolari, aceto e fumo.Si narra che questo prosciutto fu inviato anche dal patriarca di Aquileia a tutti i prelati che erano riuniti per il Concilio di Trento.Il sapore di questo prosciutto è unico,delizioso e delicato.
Salame d'oca friulano: è un salame gustosissimo. la carne d'oca viene macinata con una quantità uguale di carne suina e condita con vini pregiati e aglio. Si insacca nel collo d'oca, precedentemente cucito.
Spek di Sauris: è uno spek saporito e prufumato. E' preparato così:a coscia del suino, privata dell'osso e della fesa, viene salata a secco e messa ad affumicare in apposite stanze dove vengono bruciate, come per il prosciutto, essenze di faggio, ginepro, pino ed altre resinose. Dopo la affumicatura viene stagionato.
Muset: è il famoso cotechino friulano. Le carni suine provenienti dalla testa (muso, da cui il nome) vengono macinate con cotenne, carne degli stinchi e altre parti meno nobili, condite e insaccate nel budello naturale. Si consuma subito, per accompagnare il piatto tradizionale friulano, rape acide, cavoli e polenta.
Le mele
Nel territorio della Carnia venivano prodotti una notevole varietà di mele che avevano nomi particolari e romantici che ne indicavano la provenienza come: rosa fescia o mel e per. Oggi si sta cercando di riprendere antiche varietà e diffusissime sono la “florina” e la”mela regina” succose e dolci.
Il miele
Nel Friuli e in particolare nei meravigliosi territori della Carnia viene prodotto un pregiatissimo miele di montagna.Il colore e la fluidità dipendono dai fiori che le api visitano. L'essenza che caratterizza maggiormente. Il miele della Carnia è il tarasacco.
Gli usi del miele sono tantissimi, dal semplice dolcificante per le bevande, alla cosmetica, alla preparazione dei dolci.
La Gubana
E' il dolce piu' tipico della regione, un simbolo. Golosissima pasta sfoglia, dolce, ripiena di frutta secca e spezie, canditi amalgamati con rosso d'uovo e montati a neve con albume.
La ricchezza di sapori e di ingredienti riflette la cucina friulana, dove i prodotti locali si fondono a droghe esotiche e agrumi mediterranei.
Ci sono diverse varianti di Gubana, in alcune varianti ad esempio c'e' il cioccolato. Ogni famiglia tramanda una particolare ricetta.
La variante da noi consigliata prevede di inzuppare la pasta nella grappa ... Vai alla ricetta ... .
La Grappa Friulana
Numerosi sono i distillati del luogo... Da queste parti l'acquavite è un piacere destinato non solo agli intenditori ... La grappa è quel distillato che si ottiene dall'alambicco che abbia una gradazione non inferiore ai 37.5° e non superiore agli 86°. La grappa si ottiene direttamente dalla distillazione delle vinacce, raramente viene impiegato il vino. Prima di essere imbottigliata viene diluita con acqua distillata per abbassarne la gradazione. La grappa va servita a temperatura ambiente.
Dal 1975 esiste a Udine il Consorzio per la tutela della grappa friulana, al quale aderiscono dieci aziende che si impegnano a garantire la provenienza della grappa friulana da vinaccia di uve prodotte e vinificate in Friuli, seguita dalla distillazione e dall'imbottigliamento nella stessa regione.
Il Muset
Il Muset e' il cotechino tradizionale del Friuli, si prepara con parti del maiale grasse e magre che vanno macinate con spezie, cannella, noce moscata, pepe nero, coriandolo e peperoncino. In base alla tradizione il Muset va servito bollito con "brovade", (rape fermentate nelle vinacce), e talvolta anche con i fagioli.
Noi consigliamo una ricetta maggiormente gustosa ... prova a fare cuocere il muset sotto le brace.
Occorre avvolgere il cotechino in tre giri di carta da macellaio e due di carta stagnola; coprire di uno strato spesso di cenere alcune braci caldissime, e appoggiarvi i cotechini fasciati. Coprire il tutto con un altro strato di cenere e, in cima, braci vive: dopo circa 4 ore i muset saranno pronti.
STORIA DELLA CUCINA FRIULANA
La cucina di questa regione è caratterizzata dalla fusione delle tradizioni gastronomiche contadine con quelle aristocratiche che - come abbiamo visto - sono decisamente slegate dalla grande storia culinaria italiana; in questa terra infatti a pesare non è tanto il lungo dominio di Venezia con i suoi splendori, le sue ricchezze, la sua apertura sul mondo intero, quanto il retaggio del dominio asburgico, più limitato nel tempo ma infinitamente più intenso e decisivo per ogni aspetto della vita di questa terra che ha fatto parte di un impero esteso dalla Boemia ai Balcani con molte etnie e una quantità di lingue e di culture diverse.
Una caratteristica di importazione che segna molta parte della cucina friulana è l'uso indiscriminato di zucchero, formaggio, burro, frutta, marmellate, mostarde, senapi, in tutti i piatti, dai primi ai dolci.
L'esempio tipico di questa frammistione sono i "cialzons di Artu", fatti con una sfoglia di farina, acqua e sale e riempiti con un composto di patate lesse, mele e pere tritate, biscotti sbriciolati, prezzemolo, menta, melissa, basilico, maggiorana, erba luisa, uva passa, ricotta affumicata, cioccolato fondente, marmellata di prugne, zucchero e cannella. Quando sono cotti in acqua, questi cialzons vanno serviti con abbondante burro fuso insieme a cannella in polvere, zucchero e abbondante ricotta affumicata grattugiata.
Così raccontato questo cibo può sembrare un po' difficile da accettare, ma se ben preparato ha un suo fascino, anche se è bene mangiarlo sul posto, in una certa atmosfera, un certo clima. Le origini di quest'insieme che vede accostare le erbe aromatiche, la marmellata e la ricotta affumicata è certamente di tradizione in parte orientale e in parte austriaca, quella che più è presente nella cucina friulana. Un altro primo piatto curioso, in linea con gli altri agrodolci presenti nella cucina di questa regione è il "pistum": gnocchi di pane grattugiato con zucchero, uova, erbe aromatiche e uva passolina. Vengono fatti bollire in acqua e sale e serviti immersi nel brodo di carne di maiale.
Ma l'alimento fondamentale di questa terra è la polenta che viene realizzata con farina di mais, abbondantemente prodotto nella regione, per il quale vi è ancora l'uso della molitura rispettosa delle vecchie macine. La polenta friulana si accompagna con tutti i cibi, è piuttosto consistente e molto cotta; è la migliore che si possa mangiare anche perché la farina ha una sua particolare consistenza. Si accompagna particolarmente bene ai funghi (di cui è notevole la raccolta nelle zone collinari e nelle montagne della Carnia, mentre le colline del Collio Goriziano riservano la sorpresa di buoni tartufi bianchi) e al formaggio il cui capostipite è il montasio, capostipite di una numerosa famiglia di formaggi che assumono il nome della località in cui vengono prodotti e che vengono accorpati sotto il nome collettivo di "latteria". Si tratta di formaggi vaccini (gli ovini sono scarsi), grassi e saporiti che, messi a fettine sotto la polenta calda ricoperta di funghi al tegame, si sciolgono appena, formando un piatto gustosissimo.
In tema di formaggi non possiamo dimenticare il "frico friulano", oggi considerato l'antipasto proprio dei pranzi friulani, una cottura di patate, montasio e burro che è di origine contadina, povera: le donne prima di portare gli armenti al pascolo lasciavano sulle braci del focolare un padellino con le croste avanzate del formaggio. Al ritorno le trovavano fuse, trasformate in una sorta di frittella dorata.
A proposito di formaggi ricordiamo che nelle Alpi Carniche esistono ancora piccoli caseifici di villaggio dove viene lavorato il latte delle poche mucche di due o tre contadini: realtà carica di nostalgia ma che - date le vigenti leggi della comunità europea - avrà vita breve.
Di origine ungherese è il gulasch molto diffuso in tutta la regione, così come la "brovada" con il "muset", cioè il cotechino cotto nelle rape acide, ovvero rape bianche messe a fermentare sotto le vinacce per tre mesi. Al momento dell'uso vengono tagliate a fettine e cucinate in tegame con il lardo.
I dolci presenti ovunque sono le due torte della grande tradizione viennese: la Sacher e la Dobos, mentre un dolce più semplice che potrebbe far discutere a lungo friulani e giuliano-veneti sulle possibili differenze è la "gubana", una focaccia dolce tipicamente friulana che si confronta con la "putizza" che ripropone analoga preparazione e viene fatta solo nella zona di Trieste, città che vanta ricette proprie dovute alla presenza del mare come il famoso baccalà alla triestina fatto con patate, acciughe e prezzemolo e cotto in forno o il "brodeto" che ricorda quello di altre zone marine italiane. La realtà geografica di Trieste ha permesso lo sviluppo di una cucina aperta ad altre esperienze, di carattere decisamente europeo, caratterizzata, rispetto alle altre zone della regione di tradizioni locali fortissime, dall'apporto del mare.
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